Dove si nasce, con chi si nasce e dove ti trovi ha una sua grande importanza. La famiglia, il paese, la cultura, l'educazione ricevuta ma soprattutto la religione, o meglio ancora la fede, sarà quella che più inciderà nel tuo cuore. L'essere umano è una creatura con una capacità intellettiva grandiosa, eppure senza Dio è solo uno stolto. Potrà essere la persona più intelligente del pianeta, ma senza Dio rimarrà sempre uno stolto. Non dare spazio a Dio nel nostro cuore, nella nostra mente e nei nostri pensieri, ci fa essere persone miserabile e spesso crudeli del pianeta. C'è da dire che nessuno è nato con una fede particolare, e nessuno sarebbe capace di distinguere la minima cosa nel regno spirituale, se Dio non gli concedesse la Sua grazia. Per questo che è molto importante dove si nasce, ma soprattutto che eredità spirituale possiedi. Mosè, Davide, Giuseppe, Daniele, Isacco, Abramo ecc., tutti questi grandi uomini di Dio,
martedì 19 gennaio 2016
Anch'io ero cattolico
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giovedì 14 gennaio 2016
Il peccato: una handicap invalidante permanente.
Conoscevamo un uomo in Inghilterra, che non aveva figli, sebbene lui e la moglie avessero pregato a lungo e intensamente perché Dio concedesse loro un bambino in grado di rallegrare la loro vita. L'uomo viveva in una zona economicamente depressa della Gran Bretagna e lavorava in un enorme stabilimento industriale. Il lavoro in fabbrica era fortemente influenzato da un sindacato comunista a cui aderiva la maggior parte dei suoi colleghi di lavoro, e questo non gli rendeva la vita facile. Poi un giorno sua moglie gli disse che era incinta! La loro gioia non conobbe limiti, e in qualche modo lavorare in quell'ambiente ostile assunse una prospettiva completamente nuova. Era più facile ora sopportare le osservazioni beffarde, o perfino il silenzio a cui era costretto e che era il modo preferito dai suoi compagni per punire un lavoratore che non voleva conformarsi alle credenze politiche diffuse. Giunse il momento del parto, e purtroppo vennero a sapere che la bambina era Down.
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domenica 27 dicembre 2015
Ama il tuo nemico!
Alle nove e mezza della sera del 16 luglio 1985, uscii di casa all'aeroporto di Karaci per incontrare un collega. Arrivai con dieci minuti d'anticipo, così mi misi a passeggiare su e giù nella parte esterna del complesso aeroportuale. Mentre stavano attraverso l'atrio delle partenze, un uomo mi diede un colpo sulla spalla e mi chiese se conoscevo l'uomo che mi stava indicando. Osservai quell'uomo, che sembrava un pachistano, e dissi di no. Mi voltai per continuare a camminare, ma il mio interlocutore insistette che quell'altro uomo era un mio amico. Ripetei che non lo conoscevo e che dovevo incontrare con una persona agli arrivi. Mi chiese di accompagnarlo all'ufficio controlli sicurezza. Mi misi nuovamente a protestare, quando dieci - quindici agenti della sicurezza mi circondarono
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mercoledì 2 dicembre 2015
"Voglio entrare nella vita di Dio"
"Voglio entrare nella vita di Dio," disse il giovane che giunse in casa mia in una tarda serata del 1961. "Perché" chiesi. "Perché voglio che i miei peccati siano perdonati, e alla mia morte voglio andare in cielo" replicò. Il suo nome era Paulo, e aveva sedici anni. Sembrava così timido ed insignificante che ebbi dei dubbi ad immaginarlo capace di resistere alla persecuzione che sicuramente sarebbe seguita. Gli dicemmo che cosa era successo ad altre quattro persone che, in diverse occasioni, erano entrate "nella vita di Dio", e come nessuno di loro sia stato in grado di perseverare. Paulo era molto determinato. Il suo ragionamento era che, anche se lo avessero ucciso, lui non avrebbe avuto nulla da perdere e tutto da guadagnare. Ci inginocchiammo insieme e fece la sua prima preghiera, chiedendo al Signore di perdonare i suoi peccati e di venire nel suo cuore. Due giorni dopo tornò da noi, estremamente combattuto. Aveva detto alla sua famiglia che non avrebbero più dovuto fare sacrifici per lui e che in futuro voleva essere dispensato dalla partecipazione a tutte le cerimonie. Ciò che era seguito fu anche peggio di quello che avevamo previsto. Gli anziani del suo villaggio Papel si riunirono insieme ammonendolo e minacciandolo (e che un giovane rifiutasse gli ammonimenti degli anziani era una cosa inaudita). Da momento che Paulo era rimasto fermo sulle sue posizioni, tutti i suoi parenti vicini e lontani si riunirono e lo piansero in un funerale. Il suo fratello maggiore, quella mattina, si era recato nei campi minacciandolo che se non avesse abbandonato "la vita di Dio", al suo ritorno, quella notte, lo avrebbe picchiato fino a quando non avesse ritrattato, o non fosse morto. Anche suo zio minacciò di ucciderlo, e poi di suicidarsi. Paulo lasciò quella massa esaltata di persone che si lamentavano, e corse da noi. Che cosa potevamo fare? Non ce la sentivamo di azzardarci di tenerlo al centro missionario. Dopo aver pregato per lui e aver provato ad incoraggiarlo, lo accompagnammo a casa e non riuscivamo proprio ad immaginare quello che ci aspettava. Appena entrati nel recinto, sembrò che il Signore avesse fatto calare la calma su tutti loro ed essi ci si riunirono intorno per ascoltare quello che Domingos (un evangelista locale) aveva da dire. Predicò con potenza per circa un'ora, mentre loro erano fermi, immobili, senza quasi fare caso neppure alle zanzare. Quando finì, Paulo, in maniera pacata ma ferma, confessò la fede che aveva appena trovato e parlò della gioia che il Signore gli aveva detto di ubbidire ai suoi genitori e di rispettarli, e che il suo desiderio era quello di rimanere con loro e di lavorare per loro fino a quando non avessero accettato anch'essi Cristo quale Signore e Salvatore. Era stata ottenuta una vittoria. Ora tutti gli occhi erano puntati su di lui per vedere se gli spiriti della tribù si sarebbero presi la loro vendetta. Paulo fu il primo convertito di Biombo a rendere una testimonianza così chiara. Sentivamo che, se avesse continuato così, avrebbe potuto sicuramente essere la chiave per aprire le porte della tribù dei Papel. Nella storia della chiesa Papel, la vicenda di Paulo ha un posto di tutto rilievo. Una settimana o due dopo la sua conversione si presentò sulla nostra strada trascinandosi dietro un'automobilina giocattolo fatta in casa con una corda. Il mio cuore ebbe un cedimento. "E' soltanto un bambino" pensai. "Non potrà mai reggere a tutte quelle pressioni". Mi sbagliavo. Resse. Più tardi gli insegnai a leggere ed egli aiutò nella traduzione del Nuovo Testamento. Prestò anche servizio nel piccolo ambulatorio che gestivamo, dove la sua vibrante testimonianza, insieme con i miracoli di guarigione che il Signore ci donò, pose le basi della chiesa Papel. Alla fine, durante la guerra d'indipendenza, Paulo fu arruolato nell'esercito portoghese. L'obiezione di coscienza non era ammessa, ma egli ebbe fede nel Signore che non avrebbe mai dovuto uccidere. Dio rispose alla sua preghiera: gli fu insegnato a guidare e passò tutto il tempo a guidare Jeep, senza mai sparare un colpo. Più tardi si stabilì nella capitale e, insieme con altri, conquisto molti Papel alla fede in Cristo, e vi fondò due grandi chiese Papel. Paulo fu per diversi anni presidente dell'intera chiesa evangelica della Guinea Bissau. E' ancora un pastore nonché un membrò attivo del Consiglio di Chiesa. Nel corso degli anni, la chiesa di Biombo è cresciuta, arrivando a contare molte chiese. Da un inizio minuscolo, ora ci sono più di duemila credenti Papel nella Guinea Bissau, più alcuni altri in Portogallo.
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venerdì 20 novembre 2015
Liberata dai demoni!
Con uno sforzo sovrumano mi trascinai fino alla porta del tempio del villaggio. La porta si aprì; caddi dentro, all'ingresso, e restai lì a rotolarmi a terra. Uno spirito maligno era venuto su di me. Non avevo coscienza di nessun dolore a quel tempo, ma poi rimasi a letto per tre giorni, tutta dolorante. In un'altra occassione caddi sul fuoco e dovetti essere trascinata via da altre donne. In quel momento non sentii nulla, ma poi soffrii per molto tempo di terribili ustioni sulle spalle. Facevo parte della Defuntos, una congrega femminile. Ci incontravamo in determinate occasioni per certe cerimonie ero una persona importante, avendo ereditato il diritto di portare il pennacchio che apparteneva alla nostra discendenza. Quel pennacchio era stato
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venerdì 13 novembre 2015
Il mio aiuto viene dal Signore
Era l'epoca della Seconda Guerra Mondiale, e quel giorno i miei genitori si stavano preparando per andare in chiesa. Una bandiera rossa, bianca e blu con quattro stelle blu faceva bella mostra di sé, appesa alla vetrata della porta d'ingresso. Le stelle rappresentano i due generi e i due figli che stavano presentando servizio nell'esercito e nella marina americana. Mio fratello Vernley presto sarebbe partito per la campagna nell'Africa del nord, mentre l'altro, Wesley, era in marina e si trovava da qualche parte, in alto mare. Mio padre si girò lentamente sulla sedia: sembrava che qualcuno avesse bussato timidamente alla porta. Andò ad aprire e vide un ragazzo in uniforme che gli mise velocemente una busta gialla fra le mani tremanti e scappo via. La mamma si avvicinò per leggere insieme a lui quelle parole strazianti: "Dipartimento di Guerra degli Stati Uniti: siamo spiacenti di dovervi informare che vostro figlio, Wesley Jens Illum, risulta disperso in combattimento". Lo stesso amore che li aveva uniti, durante il parto, mentre li educavano e infine quando li avevano dovuti lasciare andare ciascuno per la loro strada, teneva stretti Hans e Lilly Illum l'uno all'altra, indissolubilmente legati dal loro atroce dolore. Dopo aver pianto a lungo, si inginocchiarono e ringraziarono il Signore, perché nella Sua bontà aveva concesso loro il privilegio di gioire del loro amato figlio per ventisei anni. Poi spedirono dei telegrammi agli altri figli e andarono in chiesa. Essendo solo una ragazza, e ultimogenita di sette figli, la mia reazione a questa esperienza traumatica fu terribilmente diversa. Wesley era il mio amico, il mio confidente, il mio consigliere. Quando quell'orribile messaggio mi raggiunse, mi trovavo da alcuni parenti, sulle montagne della Virginia occidentale. Io e mia cognata stavamo tornando a casa da una visita a mio fratello Vernley, che si trovava a Camp Lee, in Virginia. Zio Sofus, zia Emma e la loro famiglia stavano facendo colazione nella loro casetta accogliente situata in pittoresco paesino di montagna. Quando entrammo in casa, mi chiesi subito, perché fossero tutti così seri. Cercando di trovare le parole giuste, zio Sofus disse con tono compassionevole: "Vonnie, Wesley risulta disperso in combattimento". Appena ebbe pronunziato queste parole, mi gettai per terra con un grido di dolore. Improvvisamente mi sentii assalire da una sensazione orribile. Mi pareva di essere stata intrappolata e stretta in una morsa da una rete con le maglie di ferro. Uscii di casa e mi trovai a correre per la strada, che pareva l'unica via d'uscita rimasta. Quando ebbi esaurito tutte le energie, mi gettai sul bordo della strada ansimando e singhiozzando convulsamente. E Lui era lì! Dio era lì! Mi parlò dolcemente, ricordandomi delle parole che avevo letto tante volte, ma non avevo imparato a memoria: "Alzo gli occhi verso i monti. da dove mi verrà l'aiuto? (Salmo 121:1). Il mio aiuto viene dal Signore! Mi stava abbracciando. Alzai gli occhi velati dalle lacrime verso quei monti che mi erano parsi così strani, abituati com'ero alle distese di campi coltivati dell'Iowa. Tuttavia ora mi trasmettevano un senso di pace. Mi sentivo appagata, circondata non da una gabbia che imprigiona, ma dalle braccia del mio Padre Celeste e dal Suo amore tenero e compassionevole. Era Lui che aveva creato le montagne. Era l'Uomo dei dolori, che conosce il patire, anche il mio. Un po' di tempo dopo avere saputo che Wesley era morto, ricevemmo la sua ultima lettera. In essa faceva riferimento al Salmo 121, lo stesso passo che Dio mi aveva riportato alla mente in quel momento di consolazione. Scriveva: "E' il mio conforto nei miei tristi". Alcuni mesi dopo parlammo con due commilitoni di Wesley che erano sopravvissuti. Ci raccontarono dei particolari orrendi di quella notte spaventosa. Ci dissero anche qual era stata l'ultima preghiera di Wesley, la sera prima della sua scomparsa: "O Signore, ti lodo perché ti conosco e sono pronto a raggiungerti". Un anno dopo ci fu consegnato un secondo telegramma del Dipartimento di Guerra degli Stati Uniti, in cui si dichiarava ufficialmente che Wesley era morto. Tutti noi sapevamo che era vivo per l'eternità. Purtroppo mio padre era convinto che, dopo un anno di incertezze riguardo alla sorte di Wesley, una funzione pubblica in sua memoria non sarebbe stata un bene né per la famiglia né per gli amici. Quando andai per la prima volta lungo la costa dell'Oceano Pacifico, diversi anni dopo, celebrai la mia funzione personale in sua memoria. Ero sola in spiaggia, in piedi davanti all'oceano, con il volto rigato da un fiume di lacrime amare. Fui sopraffatta da un senso di repulsione nei confronti dell'oceano, che mi pareva soltanto una tomba. Poi improvvisamente Dio parlò al mio cuore: "Non è stato l'oceano a portarti via Wesley. Sapevo che aveva bisogno del cielo, perciò l'ho chiamato a me". Scese su di me un senso di pace e di accettazione totale e benedetta, mentre Dio continuava a sussurrarmi nel cuore al di sopra del rumoreggiare delle onde: "E i milioni di persone che dormono nelle profondità abissali e silenziose presto regneranno ancora su questa terra".
Lavon Illum Swink
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lunedì 9 novembre 2015
L'ultimo desiderio di un condannato a morte!
A poche ore nella sua cella prima di essere giustiziato, il condannato chiese un ultimo desiderio: un penna e un foglio per scriverci le sue ultime volontà. Dopo di aver scritto per vari minuti, disse alla guardia: "Per piacere, date questa lettera a mia madre". La lettera diceva così: "Cara madre, credo che se ci fosse più giustizia in questo mondo, tu saresti giustiziata come lo sarò io tra poco. Tu sei colpevole di questa mia vita miserabile! Ti ricordi, madre, quando portai a casa quella bicicletta che ti dissi che l'avevo rubata ad un altro ragazzo come me? Mi hai aiutato a nasconderla affinché mio padre non se ne accorgesse. Ti ricordi, madre, quando rubai il portafoglio della vicina di casa? Andammo subito al centro commerciale e spendemmo fino all'ultimo centesimo. Ti ricordi, madre, quando buttasti fuori di casa mio padre? Lui mi voleva solo correggere perché provai a corrompere alcune persone per comprarmi il diploma alla scuola media, con conseguenza l'espulsione dalla scuola stessa. Madre, io ero solo un ragazzo che aveva bisogno di essere corretto e educato. Io ero solo un ragazzo, poi fu adolescente e adesso sono un uomo formato, ma è troppo tardi per tornare indietro e non fare le cose di cui ora mi vergogno. Ti perdono, madre, e vorrei che facesti arrivare a tutti i genitori del mondo questa breve riflessione: che loro sono gli unici responsabili a formare un uomo decente o un delinquente. Grazie madre per avermi dato la vita e grazie anche per avermi aiutato a perderla. Firmato: tuo figlio, il delinquente. Se volete aiutare a salvare i vostri figli, educateli fin da piccoli ad essere ubbidienti, specialmente e principalmente nelle vie di Dio, altrimenti molti di loro cresceranno come degli assassini, dei delinquenti, dei ladri o anche come persone per bene, ma molti saranno pieni di agnosticismo e ateismo. Saranno sempre ribelli a qualsiasi riprensione ed educazione cristiana. Che questo esempio ci possa far riflettere. "Inculca al fanciullo la condotta che deve tenere; anche quando sarà vecchio non se ne dipartirà" (Proverbi 22:6).
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