Quando mi risvegliai dopo l'amputazione del braccio la prima sensazione fu di avere la bocca secca e la gola riarsa. I primi suoni che udii furono i lamenti dei malati ai lati del mio letto. Guardai in fondo al letto e vidi due sagome sfuocate in piedi. Erano forse angeli? Guardai meglio, erano simili agli angeli. Erano Jan e mia madre. Dopo aver battuto le palpebre qualche volta, misi a fuoco mio padre. Jan venne al lato del letto e mi appoggiò una mano sulla fronte. Ero un po' infreddolito dopo l'operazione e la sua mano era calda e dolce mentre mi accarezzava la fronte.
Il giorno dopo provai ad alzarmi dal letto. Cominciai a sentire un po' di nausea e quindi tornai a sdraiarmi, poi ripresi fiato e andai in bagno. Nel piccolo specchio del bagno mi vidi per la prima volta dopo l'operazione. Ero lì in piedi, pallido e arruffato nel mio abbigliamento da ospedale, a fissare, nello specchio, un'immagine che mi fissava a sua volta: l'immagine di un uomo con un braccio solo. Fui impressionato nel vedere fino a che punto della spalla avevano tagliato: il taglio iniziava dal collo e andava in diagonale fino all'ascella. Il braccio non c'era più. La spalla non c'era più. La scapola non c'era più. E non c'era più neanche la parte sinistra della clavicola. "Va bene, Signore. Questo è ciò con cui devo imparare a convivere. Aiutami a dimenticare tutto questo e ad andare avanti". Quando tornai a guardare l'uomo senza un braccio nello specchio, vidi la pace nei suoi occhi. Mi lavai un po' e andai a fare due passi nel corridoio. L'infermiera che mi aveva fatto l'anestesia mi fermò e mi disse: "La sua preghiera mi è piaciuta". Indietreggiai di un passo e le chiesi: "Quale preghiera?". "Ha detto una bella preghiera per i medici e per tutto lo staff. In realtà ha pregato due volte". Ero sbalordito. In effetti avevo veramente avuto l'intenzione di pregare prima di andare sotto i ferri, ma non ricordavo assolutamente di averlo fatto. Lei proseguì: Ho ascoltato molte persone pregare per i propri cari prima di entrare in sala operatoria, ma questa è stata la prima volta che ho sentito qualcuno pregare per noi". Un paio giorni dopo, il dottor Brennan stava facendo il suo giro in reparto, seguito da alcuni studenti e da sei interni. Tolse la benda della mia ferita e controllò il taglio, i punti e il drenaggio. Fu una visita breve. Quando se ne andò, uno si staccò dal gruppo e rimase lì. Si chiamava Jim e mi raccontò che i suoi genitori erano missionari in Messico. Mi disse le sue impressioni sulla preghiera che avevo detto in sala operatoria, e aggiunse che in seguito la stanza pareva pervasa da un senso di pace. A quel punto mi resi conto che Dio aveva esaudito il mio desiderio - pregare per l'equipe chirurgica che avrebbe compiuto l'amputazione - e mi aveva permesso di farlo nonostante l'anestesia.
Il giorno dopo provai ad alzarmi dal letto. Cominciai a sentire un po' di nausea e quindi tornai a sdraiarmi, poi ripresi fiato e andai in bagno. Nel piccolo specchio del bagno mi vidi per la prima volta dopo l'operazione. Ero lì in piedi, pallido e arruffato nel mio abbigliamento da ospedale, a fissare, nello specchio, un'immagine che mi fissava a sua volta: l'immagine di un uomo con un braccio solo. Fui impressionato nel vedere fino a che punto della spalla avevano tagliato: il taglio iniziava dal collo e andava in diagonale fino all'ascella. Il braccio non c'era più. La spalla non c'era più. La scapola non c'era più. E non c'era più neanche la parte sinistra della clavicola. "Va bene, Signore. Questo è ciò con cui devo imparare a convivere. Aiutami a dimenticare tutto questo e ad andare avanti". Quando tornai a guardare l'uomo senza un braccio nello specchio, vidi la pace nei suoi occhi. Mi lavai un po' e andai a fare due passi nel corridoio. L'infermiera che mi aveva fatto l'anestesia mi fermò e mi disse: "La sua preghiera mi è piaciuta". Indietreggiai di un passo e le chiesi: "Quale preghiera?". "Ha detto una bella preghiera per i medici e per tutto lo staff. In realtà ha pregato due volte". Ero sbalordito. In effetti avevo veramente avuto l'intenzione di pregare prima di andare sotto i ferri, ma non ricordavo assolutamente di averlo fatto. Lei proseguì: Ho ascoltato molte persone pregare per i propri cari prima di entrare in sala operatoria, ma questa è stata la prima volta che ho sentito qualcuno pregare per noi". Un paio giorni dopo, il dottor Brennan stava facendo il suo giro in reparto, seguito da alcuni studenti e da sei interni. Tolse la benda della mia ferita e controllò il taglio, i punti e il drenaggio. Fu una visita breve. Quando se ne andò, uno si staccò dal gruppo e rimase lì. Si chiamava Jim e mi raccontò che i suoi genitori erano missionari in Messico. Mi disse le sue impressioni sulla preghiera che avevo detto in sala operatoria, e aggiunse che in seguito la stanza pareva pervasa da un senso di pace. A quel punto mi resi conto che Dio aveva esaudito il mio desiderio - pregare per l'equipe chirurgica che avrebbe compiuto l'amputazione - e mi aveva permesso di farlo nonostante l'anestesia.
Trascritta da: La Manna Francesco
Storie di Fede Vissute
Autore: Dave Dravechy
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