domenica 27 dicembre 2015

Ama il tuo nemico!

Alle nove e mezza della sera del 16 luglio 1985, uscii di casa all'aeroporto di Karaci per incontrare un collega. Arrivai con dieci minuti d'anticipo, così mi misi a passeggiare su e giù nella parte esterna del complesso aeroportuale. Mentre stavano attraverso l'atrio delle partenze, un uomo mi diede un colpo sulla spalla e mi chiese se conoscevo l'uomo che mi stava indicando. Osservai quell'uomo, che sembrava un pachistano, e dissi di no. Mi voltai per continuare a camminare, ma il mio interlocutore insistette che quell'altro uomo era un mio amico. Ripetei che non lo conoscevo e che dovevo incontrare con una persona agli arrivi. Mi chiese di accompagnarlo all'ufficio controlli sicurezza. Mi misi nuovamente a protestare, quando dieci - quindici agenti della sicurezza mi circondarono

mercoledì 2 dicembre 2015

"Voglio entrare nella vita di Dio"

"Voglio entrare nella vita di Dio," disse il giovane che giunse in casa mia in una tarda serata del 1961. "Perché" chiesi. "Perché voglio che i miei peccati siano perdonati, e alla mia morte voglio andare in cielo" replicò. Il suo nome era Paulo, e aveva sedici anni. Sembrava così timido ed insignificante che ebbi dei dubbi ad immaginarlo capace di resistere alla persecuzione che sicuramente sarebbe seguita. Gli dicemmo che cosa era successo ad altre quattro persone che, in diverse occasioni, erano entrate "nella vita di Dio", e come nessuno di loro sia stato in grado di perseverare. Paulo era molto determinato. Il suo ragionamento era che, anche se lo avessero ucciso, lui non avrebbe avuto nulla da perdere e tutto da guadagnare. Ci inginocchiammo insieme e fece la sua prima preghiera, chiedendo al Signore di perdonare i suoi peccati e di venire nel suo cuore. Due giorni dopo tornò da noi, estremamente combattuto. Aveva detto alla sua famiglia che non avrebbero più dovuto fare sacrifici per lui e che in futuro voleva essere dispensato dalla partecipazione a tutte le cerimonie. Ciò che era seguito fu anche peggio di quello che avevamo previsto. Gli anziani del suo villaggio Papel si riunirono insieme ammonendolo e minacciandolo (e che un giovane rifiutasse gli ammonimenti degli anziani era una cosa inaudita). Da momento che Paulo era rimasto fermo sulle sue posizioni, tutti i suoi parenti vicini e lontani si riunirono e lo piansero in un funerale. Il suo fratello maggiore, quella mattina, si era recato nei campi minacciandolo che se non avesse abbandonato "la vita di Dio", al suo ritorno, quella notte, lo avrebbe picchiato fino a quando non avesse ritrattato, o non fosse morto. Anche suo zio minacciò di ucciderlo, e poi di suicidarsi. Paulo lasciò quella massa esaltata di persone che si lamentavano, e corse da noi. Che cosa potevamo fare? Non ce la sentivamo di azzardarci di tenerlo al centro missionario. Dopo aver pregato per lui e aver provato ad incoraggiarlo, lo accompagnammo a casa e non riuscivamo proprio ad immaginare quello che ci aspettava. Appena entrati nel recinto, sembrò che il Signore avesse fatto calare la calma su tutti loro ed essi ci si riunirono intorno per ascoltare quello che Domingos (un evangelista locale) aveva da dire. Predicò con potenza per circa un'ora, mentre loro erano fermi, immobili, senza quasi fare caso neppure alle zanzare. Quando finì, Paulo, in maniera pacata ma ferma, confessò la fede che aveva appena trovato e parlò della gioia che il Signore gli aveva detto di ubbidire ai suoi genitori e di rispettarli, e che il suo desiderio era quello di rimanere con loro e di lavorare per loro fino a quando non avessero accettato anch'essi Cristo quale Signore e Salvatore. Era stata ottenuta una vittoria. Ora tutti gli occhi erano puntati su di lui per vedere se gli spiriti della tribù si sarebbero presi la loro vendetta. Paulo fu il primo convertito di Biombo a rendere una testimonianza così chiara. Sentivamo che, se avesse continuato così, avrebbe potuto sicuramente essere la chiave per aprire le porte della tribù dei Papel. Nella storia della chiesa Papel, la vicenda di Paulo ha un posto di tutto rilievo. Una settimana o due dopo la sua conversione si presentò sulla nostra strada trascinandosi dietro un'automobilina giocattolo fatta in casa con una corda. Il mio cuore ebbe un cedimento. "E' soltanto un bambino" pensai. "Non potrà mai reggere a tutte quelle pressioni". Mi sbagliavo. Resse. Più tardi gli insegnai a leggere ed egli aiutò nella traduzione del Nuovo Testamento. Prestò anche servizio nel piccolo ambulatorio che gestivamo, dove la sua vibrante testimonianza, insieme con i miracoli di guarigione che il Signore ci donò, pose le basi della chiesa Papel. Alla fine, durante la guerra d'indipendenza, Paulo fu arruolato nell'esercito portoghese. L'obiezione di coscienza non era ammessa, ma egli ebbe fede nel Signore che non avrebbe mai dovuto uccidere. Dio rispose alla sua preghiera: gli fu insegnato a guidare e passò tutto il tempo a guidare Jeep, senza mai sparare un colpo. Più tardi si stabilì nella capitale e, insieme con altri, conquisto molti Papel alla fede in Cristo, e vi fondò due grandi chiese Papel. Paulo fu per diversi anni presidente dell'intera chiesa evangelica della Guinea Bissau. E' ancora un pastore nonché un membrò attivo del Consiglio di Chiesa. Nel corso degli anni, la chiesa di Biombo è cresciuta, arrivando a contare molte chiese. Da un inizio minuscolo, ora ci sono più di duemila credenti Papel nella Guinea Bissau, più alcuni altri in Portogallo.

Lily Gaynor
Francesco La Manna
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venerdì 20 novembre 2015

Liberata dai demoni!

Con uno sforzo sovrumano mi trascinai fino alla porta del tempio del villaggio. La porta si aprì; caddi dentro, all'ingresso, e restai lì a rotolarmi a terra. Uno spirito maligno era venuto su di me. Non avevo coscienza di nessun dolore a quel tempo, ma poi rimasi a letto per tre giorni, tutta dolorante. In un'altra occassione caddi sul fuoco e dovetti essere trascinata via da altre donne. In quel momento non sentii nulla, ma poi soffrii per molto tempo di terribili ustioni sulle spalle. Facevo parte della Defuntos, una congrega femminile. Ci incontravamo in determinate occasioni per certe cerimonie ero una persona importante, avendo ereditato il diritto di portare il pennacchio che apparteneva alla nostra discendenza. Quel pennacchio era stato

venerdì 13 novembre 2015

Il mio aiuto viene dal Signore

Era l'epoca della Seconda Guerra Mondiale, e quel giorno i miei genitori si stavano preparando per andare in chiesa. Una bandiera rossa, bianca e blu con quattro stelle blu faceva bella mostra di sé, appesa alla vetrata della porta d'ingresso. Le stelle rappresentano i due generi e i due figli che stavano presentando servizio nell'esercito e nella marina americana. Mio fratello Vernley presto sarebbe partito per la campagna nell'Africa del nord, mentre l'altro, Wesley, era in marina e si trovava da qualche parte, in alto mare. Mio padre si girò lentamente sulla sedia: sembrava che qualcuno avesse bussato timidamente alla porta. Andò ad aprire e vide un ragazzo in uniforme che gli mise velocemente una busta gialla fra le mani tremanti e scappo via. La mamma si avvicinò per leggere insieme a lui quelle parole strazianti: "Dipartimento di Guerra degli Stati Uniti: siamo spiacenti di dovervi informare che vostro figlio, Wesley Jens Illum, risulta disperso in combattimento". Lo stesso amore che li aveva uniti, durante il parto, mentre li educavano e infine quando li avevano dovuti lasciare andare ciascuno per la loro strada, teneva stretti Hans e Lilly Illum l'uno all'altra, indissolubilmente legati dal loro atroce dolore. Dopo aver pianto a lungo, si inginocchiarono e ringraziarono il Signore, perché nella Sua bontà aveva concesso loro il privilegio di gioire del loro amato figlio per ventisei anni. Poi spedirono dei telegrammi agli altri figli e andarono in chiesa. Essendo solo una ragazza, e ultimogenita di sette figli, la mia reazione a questa esperienza traumatica fu terribilmente diversa. Wesley era il mio amico, il mio confidente, il mio consigliere. Quando quell'orribile messaggio mi raggiunse, mi trovavo da alcuni parenti, sulle montagne della Virginia occidentale. Io e mia cognata stavamo tornando a casa da una visita a mio fratello Vernley, che si trovava a Camp Lee, in Virginia. Zio Sofus, zia Emma e la loro famiglia stavano facendo colazione nella loro casetta accogliente situata in pittoresco paesino di montagna. Quando entrammo in casa, mi chiesi subito, perché fossero tutti così seri. Cercando di trovare le parole giuste, zio Sofus disse con tono compassionevole: "Vonnie, Wesley risulta disperso in combattimento". Appena ebbe pronunziato queste parole, mi gettai per terra con un grido di dolore. Improvvisamente mi sentii assalire da una sensazione orribile. Mi pareva di essere stata intrappolata e stretta in una morsa da una rete con le maglie di ferro. Uscii di casa e mi trovai a correre per la strada, che pareva l'unica via d'uscita rimasta. Quando ebbi esaurito tutte le energie, mi gettai sul bordo della strada ansimando e singhiozzando convulsamente. E Lui era lì! Dio era lì! Mi parlò dolcemente, ricordandomi delle parole che avevo letto tante volte, ma non avevo imparato a memoria: "Alzo gli occhi verso i monti. da dove mi verrà l'aiuto? (Salmo 121:1). Il mio aiuto viene dal Signore! Mi stava abbracciando. Alzai gli occhi velati dalle lacrime verso quei monti che mi erano parsi così strani, abituati com'ero alle distese di campi coltivati dell'Iowa. Tuttavia ora mi trasmettevano un senso di pace. Mi sentivo appagata, circondata non da una gabbia che imprigiona, ma dalle braccia del mio Padre Celeste e dal Suo amore tenero e compassionevole. Era Lui che aveva creato le montagne. Era l'Uomo dei dolori, che conosce il patire, anche il mio. Un po' di tempo dopo avere saputo che Wesley era morto, ricevemmo la sua ultima lettera. In essa faceva riferimento al Salmo 121, lo stesso passo che Dio mi aveva riportato alla mente in quel momento di consolazione. Scriveva: "E' il mio conforto nei miei tristi". Alcuni mesi dopo parlammo con due commilitoni di Wesley che erano sopravvissuti. Ci raccontarono dei particolari orrendi di quella notte spaventosa. Ci dissero anche qual era stata l'ultima preghiera di Wesley, la sera prima della sua scomparsa: "O Signore, ti lodo perché ti conosco e sono pronto a raggiungerti". Un anno dopo ci fu consegnato un secondo telegramma del Dipartimento di Guerra degli Stati Uniti, in cui si dichiarava ufficialmente che Wesley era morto. Tutti noi sapevamo che era vivo per l'eternità. Purtroppo mio padre era convinto che, dopo un anno di incertezze riguardo alla sorte di Wesley, una funzione pubblica in sua memoria non sarebbe stata un bene né per la famiglia né per gli amici. Quando andai per la prima volta lungo la costa dell'Oceano Pacifico, diversi anni dopo, celebrai la mia funzione personale in sua memoria. Ero sola in spiaggia, in piedi davanti all'oceano, con il volto rigato da un fiume di lacrime amare. Fui sopraffatta da un senso di repulsione nei confronti dell'oceano, che mi pareva soltanto una tomba. Poi improvvisamente Dio parlò al mio cuore: "Non è stato l'oceano a portarti via Wesley. Sapevo che aveva bisogno del cielo, perciò l'ho chiamato a me". Scese su di me un senso di pace e di accettazione totale e benedetta, mentre Dio continuava a sussurrarmi nel cuore al di sopra del rumoreggiare delle onde: "E i milioni di persone che dormono nelle profondità abissali e silenziose presto regneranno ancora su questa terra".

Lavon Illum Swink

lunedì 9 novembre 2015

L'ultimo desiderio di un condannato a morte!

A poche ore nella sua cella prima di essere giustiziato, il condannato chiese un ultimo desiderio: un penna e un foglio per scriverci le sue ultime volontà. Dopo di aver scritto per vari minuti, disse alla guardia: "Per piacere, date questa lettera a mia madre". La lettera diceva così: "Cara madre, credo che se ci fosse più giustizia in questo mondo, tu saresti giustiziata come lo sarò io tra poco. Tu sei colpevole di questa mia vita miserabile! Ti ricordi, madre, quando portai a casa quella bicicletta che ti dissi che l'avevo rubata ad un altro ragazzo come me? Mi hai aiutato a nasconderla affinché mio padre non se ne accorgesse. Ti ricordi, madre, quando rubai il portafoglio della vicina di casa? Andammo subito al centro commerciale e spendemmo fino all'ultimo centesimo. Ti ricordi, madre, quando buttasti fuori di casa mio padre? Lui mi voleva solo correggere perché provai a corrompere alcune persone per comprarmi il diploma alla scuola media, con conseguenza l'espulsione dalla scuola stessa. Madre, io ero solo un ragazzo che aveva bisogno di essere corretto e educato. Io ero solo un ragazzo, poi fu adolescente e adesso sono un uomo formato, ma è troppo tardi per tornare indietro e non fare le cose di cui ora mi vergogno. Ti perdono, madre, e vorrei che facesti arrivare a tutti i genitori del mondo questa breve riflessione: che loro sono gli unici responsabili a formare un uomo decente o un delinquente. Grazie madre per avermi dato la vita e grazie anche per avermi aiutato a perderla. Firmato: tuo figlio, il delinquente. Se volete aiutare a salvare i vostri figli, educateli fin da piccoli ad essere ubbidienti, specialmente e principalmente nelle vie di Dio, altrimenti molti di loro cresceranno come degli assassini, dei delinquenti, dei ladri o anche come persone per bene, ma molti saranno pieni di agnosticismo e ateismo. Saranno sempre ribelli a qualsiasi riprensione ed educazione cristiana. Che questo esempio ci possa far riflettere. "Inculca al fanciullo la condotta che deve tenere; anche quando sarà vecchio non se ne dipartirà" (Proverbi 22:6).

lunedì 2 novembre 2015

Stregoneria

Prima che Hazel, il mio collaboratore canadese, ed io ci recassimo ad incominciare un'opera pionieristica nel villaggio di Touba, nel nord della Costa d'Avorio, avevo sentito dire che l'area era rinomata per le stregoneria. La popolazione era in prevalenza musulmana, ma c'era anche una piccola tribù di animisti. Le altre tribù avevamo paura a mettere piedi nella regione Touba. Ci avventurammo pieni di entusiasmo, senza sapere realmente a cosa stavamo andando incontro, ma confidando in Gesù. "Io posso fare tutte le cose per mezzo della forza di Colui che vive dentro di me" ( Filippesi 4:13). Mentre apprendevo la lingua del posto, due veterani dell'opera fra i musulmani, Adeline ed Helen, giunsero a Touba per sei mesi per "spianare" la strada a noi due missionari più giovani. Presero contatti con alcuni funzionari governativi e con il capo tribù e affittarono per noi una capanna di fango, che avrebbe dovuto farci da dimora per quindici mesi. Adeline ed Helen incominciarono a girare per la foresta in cerca di villaggi, dove poter condividere la Buona Novella. Appena giunti, continuammo a viaggiare in lungo e in largo per la regione. Il "Prefetto" (vale a dire il funzionario governativo) ci aveva detto che in quel distretto c'erano più di 400 villaggi. Che emozione essere le primissime persone a parlare loro di Gesù! Visitammo villaggi sia animisti sia musulmani. Le cose procedettero senza intoppi fino a quando non incominciai ad avvertire un forte dolore alla mia gamba destra. Dal momento che eravamo entrambi infermieri, facemmo tutto quello che ci fu possibile per arrecare sollievo al dolore. Ma nulla sembrava servire, così ci recammo dal medico più vicino, a oltre 100 Km di distanza. Neppure lui fu in grado di aiutarmi, così ci abbandonammo completamente fra le braccia del Signore. Passammo molto tempo in preghiera, e una notte Hazel ebbe un sogno. Nel suo sogno, vide un "feticcio" nascosto nel tetto in paglia della nostra casa, al di sopra della porta d'ingresso. Poi udì una voce che diceva: "E' questo che sta affliggendo Betty." Quando si alzò, montò su una sedia e incominciò a frugare tra la paglia. "Ma che diamine stai facendo? E' notte fonda!" chiesi. Non rispose, ma continuò a rovistare, fino a quando non trovò il "feticcio", una scopa africana in miniatura, una manciata di ramoscelli legati insieme con uno spago rosso. Quando sedette sul mio letto sembrava scossa e mi disse del suo sogno. Risposi subito: "Se una parte del sogno è vera, deve esserlo anche la seconda". Piegammo entrambi a terra le nostre ginocchia e ringraziammo Dio per avercelo rivelato. Reclamammo la copertura del sangue di Gesù e affidammo tutta la cosa al Signore. E quel forte dolore lasciò il mio corpo! Il mattino dopo mostrammo quel "feticcio" all'evangelista del luogo, Jean Paul. Divenne grigio in volto e ci spiegò che era la peggiore stregoneria di quel luogo. Il senso di quella scopa era quello di ucciderci entrambi - di spazzarci via dal villaggio. Accendemmo un fuoco e ci rallegrammo insieme nel vedere quella piccola scopa consumarsi tra le fiamme! Davvero il Signore è fedele alla Sua promessa di Marco 16, dove Gesù ci dice di andare in tutto il mondo e di predicare la buona notizia - e nulla, per nessun motivo, potrà farvi del male!

Betty, Nowland, Costa d'Avorio
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di Francesco La Manna

mercoledì 21 ottobre 2015

Se pace qual fiume

Horatio G. Spafford e sua moglie, Anna, erano abbastanza noti nella Chicago del 1860, non solo per la carriera legale di Spafford, ma anche perché i coniugi erano amici sostenitori di D. L. Moody, il famoso predicatore famoso. Nel 1870, l’unico figlio maschio degli Spafford morì di scarlattina, all’età di quattro anni. Un anno dopo, il grande incendio di Chicago distrusse le proprietà degli Spafford. Per lasciarsi in qualche modo alle spalle tali sofferenze, la famiglia decise di trascorrere un periodo in Inghilterra, sia come vacanza, sia per sostenere D. L. Moody, che teneva una campagna Evangelistica in quel periodo. Avrebbero raggiunto il loro pastore con qualche giorno di ritardo, nel 1873. Giunti a New York, per imbarcarsi sul battello, Spafford fu costretto a trattenersi per un importante impegno di lavoro. Non volendo rovinare i piani della moglie e delle quattro figlie, decise di farle partire. Lui le avrebbe raggiunte in un secondo momento. Nove giorni dopo, Horatio Spafford ricevette un telegramma da parte di sua moglie, dal Galles: “Io sono l’unica a essersi salvata”. Il 2 novembre 1873, il battello 'Ville de Havre' si era urtato in pieno oceano con un vascello inglese, affondando in 12 minuti e portando con sé 226 persone. Anna Spafford si era coraggiosamente aggrappata ad alcuni resti, tenendo le figlie disperatamente fino a quando – questo fu il suo ultimo ricordo – l’ultima delle figlie le scivolò dalle braccia e venne trascinata dalla forza delle acque. La donna sopravvisse soltanto perché, priva di sensi, rimase sopra un rottame che galleggiava. Quando rinvenne e seppe che era tra i pochi superstiti, la sua reazione fu di disperazione completa. Ma poi sentì dentro di lei una voce che le disse: “Sei stata risparmiata per uno scopo”. Ricordò le parole di un amico che diceva “E’ facile essere riconoscenti e fedeli a Dio quando tutto va bene, ma nella prova saprai se sei sottomesso”. Alla notizia della disgrazia, Spafford si imbarcò sulla prima nave da New York, per ricongiungersi con sua moglie. Durante il viaggio, il capitano della nave l’aveva chiamato sul ponte. “E’ stato fatto un calcolo preciso”, disse “e credo di poter dire che stiamo passando proprio in questo momento sul luogo dove il 'Ville de Havre' è affondato. L’acqua qui è profonda tre miglia. Spafford si chiuse nella sua cabina e scrisse le parole di questo grande inno. Le parole che scrisse quel giorno furono ispirate da 2 Re 4:26. Le sue parole fanno eco alla risposta della sunamita alla domanda circa la salute di suo figlio. Benché l’animo della donna fosse in gran dolore, rispose “Sta bene”. Spafford ebbe gli stessi sentimenti. Qualunque sia la circostanza che dovremo affrontare, possiamo dire con Horatio Spafford…

Se pace qual fiume:
Ascolta il cantico mentre leggi le parole:

https://www.youtube.com/watch?v=My6BNuPRe_o

Se pace qual fiume m'inonda dal ciel;
O il duolo si abbatte su me.
Qualunque la sorte ripeter potrò:
O mio cuor, calmo sta in Gesù!

Coro:
O mio cuor (o mio cuor)
Calmo sta (calmo sta)
Sta sereno, al sicuro in Gesù.

Se sono tentato da prove e dolor,
Certezza infinita sei Tu!
Dal mal, dal peccato redento io sono
Per il sangue che hai sparso Gesù!
Coro:
O mio cuor (o mio cuor)...

I miei peccati Gesù cancellò
L'ha tutti inchiodati quel dì,
Lassù sulla croce. Or libero son
E do lode e gloria a Gesù!
Coro:
O mio cuor (o mio cuor)...

Or vivere è Cristo, sol Cristo per me.
Se anche il Giordan passerò,
Non temo la morte, la prova e il dolor.
Sempre pace godrò in Gesù!

Coro:
O mio cuor (o mio cuor)...

Ma il tuo ritorno Signore bramiam.
Non morte, ma gloria attendiam.
Oh, angelica voce, oh, tromba dal ciel,
Oh, beata speranza in Gesù!

Francesco La Manna

venerdì 16 ottobre 2015

Una guarigione profonda

Qualche tempo fa ho ascoltato un'audiocassetta su cui era registrato il vivo resoconto di un miracolo di guarigione. Un fratello in fede stava insegnando ad una classe della Scuola Domenicale commentando il Salmo 103. Tre anni prima aveva dovuto lasciare il ministero perché un virus aveva attaccato la mielina intorno ai nervi delle sue corde vocali, riducendo la sua voce a un aspro bisbiglio. Aveva provato in prima persona il travaglio descritto nel Salmo 102, contrapposto alla gioia descritta nel Salmo 103. Quel giorno, mentre parlava alla sua classe con un microfono appoggiato alle labbra, stava testimoniando la propria fiducia e la fede nella guarigione divina, dichiarando che il tempo dei miracoli non era finito con i libri degli Atti. Ascoltando la cassetta, a volte non si riuscivano a percepire distintamente le sue affannose parole di fede: "Dio ... salva la tua vita dalla fossa, ti corona di bontà e compassioni". Mentre leggeva il versetto 4, si verificò un miracolo. Alla parola "fossa" la sua vita cambiò, la voce venne fuori forte e cristallina come una campana, in netto contrasto con l'enunciazione flebile delle parole precedenti. Quel fratello si fermò trasalendo, poi continuò, e si arrestò ancora. Disse alcune parole, tutte con tono di voce normale, e poi si fermò di nuovo. La classe eruppe in grida e pianti di gioia e di meraviglia. Dio lo aveva guarito completamente mentre dichiarava con fede la verità contenuta in questo Salmo magnifico.

George Wood
di Francesco La Manna

domenica 11 ottobre 2015

Testimonianza di Joni Eareckson Tada



Per anni ho pensato: "Gli incidenti capitano solo agli altri. Non si vedrà mai una sedia a rotelle in casa mia". Non che volessi essere "snob", stavo semplicemente vivendo quella realtà. La mia, era quel genere di famiglia sempre pronta a fare una partita a tennis o a prepararsi per una gita in campagna. In effetti, io e le mie tre sorelle più grandi, non ci eravamo mai slogate nemmeno una caviglia. Tutto ciò cambiò in un caldo pomeriggio di luglio del 1967, quando mia sorella Kathy ed io andammo alla spiaggia di Chesapeake Bay a fare una nuotata. L'acqua era scura e densa e non mi curai di controllarne la profondità prima di salire su una zattera ancorata al largo. Appoggiai i piedi sul bordo, respirai profondamente e mi tuffai. La mia testa urtò contro qualcosa di duro ed indietreggio con uno strattone. Provai una strana scossa alla nuca. Sott'acqua, intontita, mi sentii galleggiare trascinata dalla corrente, incapace di risalire in superficie.

giovedì 8 ottobre 2015

Perché tutto ciò?


Nel mondo accadono eventi terribili, e quando li leggiamo nel giornale, ci ritorna sempre la domanda: "Dio? Ma come può permettere tutto ciò?" La domanda diventa molto più angosciosa quando siamo toccati personalmente: Magari uno dei nostri bambini che amiamo ci viene preso. Oppure ci viene inferto un colpo talmente duro da sconvolgere tutta la nostra vita. Allora la domanda non è più teorica, ma brucia come un fuoco dentro di noi: "Perché mi è accaduto questo? Come ha potuto Dio farmi una cosa simile?" Non troveremo riposo finché non avremo la risposta. Fu qui che un giorno un minatore di nome Amsel mi aiutò enormemente: Era un uomo grande e forte, e non si preoccupava né di Dio né del diavolo. Ma un giorno rimase coinvolto nel crollo di una galleria. Mi fu riferito che era rimasto paralizzato agli arti inferiori. Così mi misi in cammino per rendergli visita. Lo trovai nel suo appartamento, seduto su una sedia a rotelle, circondato da alcuni compagni. Quando mi vide alla porta si mise a sbraitare: "Ah, eccoti, prete dei miei stivali! E dov'era il tuo buon Dio quando mi è crollata addosso la galleria? Va' al diavolo coi tuoi discorsi." Era una situazione tale che non riuscii nemmeno ad aprir bocca e me ne andai in silenzio. Ci furono però alcuni minatori che si preoccuparono di lui. Erano veri cristiani. Gli mostrarono la via che conduce a Gesù, sulla quale Dio ci dona la salvezza. E così ebbe inizio un grande cambiamento in quest'uomo. Trovò perdono per i suoi peccati e vera pace con Dio. Un giorno andai a trovarlo. Era nella sedia a rotelle, sulla strada davanti al suo appartamento. (Nel frattempo eravamo divenuti talmente amici da darci del tu). Mi sedetti sull'uscio accanto a lui, poiché mi accorsi che mi voleva confidare qualcosa d'importante. Infatti cominciò: "Sai", mi disse, "ho la sensazione che non starò più a lungo su questa terra. Però so anche dove andrò quando chiuderò gli occhi. Quando sarò davanti a Dio mi prostrerò ai suoi piedi e lo ringrazierò di avermi rotto la spina dorsale." "Ma Amsel! Cosa dici?" esclamai. Amsel sorrise e mi spiegò: "Se non fosse capitato questo incidente, avrei continuato ad allontanarmi da Dio fino a giungere all'inferno. Ecco perché Dio ha dovuto intervenire in modo così drastico, per attirarmi verso suo Figlio, il mio Salvatore. Sì, è stata dura. Ma è servito per la mia salvezza eterna." Fece una pausa, poi proseguì lentamente: "È meglio entrare storpio in paradiso piuttosto che camminare con due gambe verso l'inferno." Presi la sua mano e gli dissi: "Amsel, sei stato nella dura scuola di Dio. Ma non invano. Hai imparato la lezione." Quando guardiamo il lato inferiore di un tappeto persiano, vediamo un inestricabile intrico di fili che sembrano incrociarsi a caso. Però, appena giro il tappeto, si vede un meraviglioso disegno e si scopre che l'apparente disordine nascondeva un ordine perfetto. Quaggiù vediamo il tappeto degli eventi all'inverso, tutto ci sembra confuso e assurdo. Nell'eternità però vedremo il tappeto dal lato giusto e saremo stupiti di vedere con quale saggezza e arte Dio ci ha guidati sulla terra.


Wilhelm Busch
di Francesco La Manna

lunedì 5 ottobre 2015

Una gioia così grande ...

“…Una gioia così grande …” Questo è un verso di un canto, spesso cantato nei nostri incontri cristiani, che io non riuscivo più a intonare; ma ora, grazie a Dio posso dire: “ Dio ha fatto cose grandi e noi siamo nella gioia” Salmo 126:3. Mi chiamo Daniela sono nata in un comune delle Marche, dove ho vissuto fino a qualche anno fa. La mia storia legata alla fede cristiana inizia quando una persona ha parlato di Gesù a mia madre negli anni 50. Lei era molto devota ad un santo e attendeva da tempo un miracolo, perché soffriva di una grave forma di ulcera. Nel periodo di carnevale

martedì 29 settembre 2015

Leggeva con la lingua!

Un credente norvegese che soggiornò per qualche tempo negli Stati Uniti, racconta la visita che fece ad un vecchio signore cieco, senza mani e semiparalizzato: "Sul pavimento di legno, tutt'intorno a lui erano sparsi dei fogli di cartone, perforati con piccoli fori. Egli mi raccontò l'incidente che lo aveva ridotto in un tale stato di infermità. L'avvenire gli sembrava senza speranza, ma un giorno Gesù Cristo lo incontrò. “L'ho ricevuto come il mio Salvatore. Egli mi ha reso la serenità. In me si è risvegliato il desiderio di leggere la Parola di Dio per poter meglio conoscere il Signore Gesù. La scrittura Braille (la scrittura dei ciechi) non mi pareva essere di alcun soccorso poiché si decifra con le dita e io non ne avevo più. Un giorno ho creduto di udire la voce del Signore che mi diceva: "Impara a leggere con la tua lingua". Ho pregato per ricevere una Bibbia Braille e ho imparato a leggere così il libro di Dio. Ho dovuto avere molta pazienza, ma infine sono riuscito nel mio intento. “Gli domandai: "Vorrei che mi leggesse un versetto". Aveva la sua Bibbia davanti a sé. Con la lingua, toccò leggermente i segni e tradusse: "Rallegratevi del continuo nel Signore" (Filippesi 4:4). Aggiunsi: "Quanti capitoli ha già letto nella Bibbia?". "Ho già letto tutta la Bibbia, parecchie volte", rispose il vecchio, sorridendo. Quanti credenti hanno delle mani, degli occhi e una Bibbia, ma non hanno fame della Parola di Dio!

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di Francesco La Manna

venerdì 25 settembre 2015

Testimonianza di un ex guru

Rabindranath Rabi Maharaj discende da una lunga stirpe di sacerdoti e di guru bramini e fu educato allo scopo di divenire uno yoghi. Si esercitava per lunghe ore al giorno in riti e preghiere e nell'adorazione dei suoi numerosi dei. Durante le sue meditazioni cadeva in trance, entrava in contatto con degli spiriti, vedeva delle luci, udiva musiche misteriose e veniva trasportato in altri "mondi". Rabi approfondì le sue conoscenze nel campo dell'astrologia e ottenne il titolo di Pundit induista. La popolazione lo adorava come un dio e deponeva delle offerte ai suoi piedi. Quando, col passare del tempo, il giovane guru cominciò a sentirsi deluso, iniziò a rimettere in discussione le sue conoscenze ed esperienze mistiche. [...] "Luce di sole, luce di sole nell'animo quest'oggi. Luce di sole, luce di sole lungo tutto il cammino.

lunedì 21 settembre 2015

Testimonianza di un "Ateo"

Dio, per me, non era una realtà e neppure un'ipotesi, , ama semplicemente una superstizione e una prova di ignoranza per quelli che affermano di crederci. Ritenevo che credere in Dio fosse una capitolazione dell'uomo dinanzi alla sua missione di padrone del mondo, ed ero convinto che la scienza, col suo progredire continuo, avrebbe presto dimostrato quello che io asserivo. Un giorno passai davanti a un edificio su cui c'era una grossa scritta: "Dio ti cerca". Bene, pensai sorridendo, mi cerchi pure! Dicendo a tutti che la fede cristiana sarebbe presto scomparsa non appena fossero vinti l'analfabetismo e l'ignoranza. "La religione è l'oppio dei popoli" si diceva, e io ne ero convinto. Avevo fiducia nell'uomo, nelle sue possibilità, nella sua bontà, e non volevo accettare l'idea della sua innata malvagità; anzi, nutrivo la speranza che potesse costruirsi una meravigliosa vita morale solo su se stesso, escludendo Dio. Eppure io stesso, che mi ritenevo intelligente, ma ero stupidamente orgoglioso, non riuscivo a realizzare una tale

giovedì 10 settembre 2015

11 Settembre 2001


11 Settembre 2001: chi mai potrà dimenticare quella data, specialmente per noi americani? C'era una giovane coppia, si chiamavano Tod e Lisa e avevano entrambi 32 anni, avevano una bambina di 5 anni e Lisa era anche in stato interessante. Tod lavorava per una ditta di computer, e i due erano insegnanti nella scuola domenicale della loro chiesa. Erano due giovani credenti fedeli al Signore. Si alzavano la mattina, leggevano la Bibbia e poi andavano a lavorare. Quella mattina del 2001, Tod si era alzato molto presto, perché doveva prendere un aereo che andava da Boston fino a Los Angeles. Così dopo aver salutato la moglie Lisa e la sua bambina, andò all'aeroporto e si è imbarcò sul volo numero 93. Dopo 40 minuti di volo, saltarono fuori all'improvviso 4 terroristi, che con un coltello sgozzarono un'assistente di volo. Tutti i passeggeri furono fatti mettere in fondo all'aereo. Poi si chiusero nella cabina di pilotaggio dopo d'aver ucciso brutalmente anche i due piloti. Quando i terroristi si chiusero nella cabina pilotaggio, tutti i passeggeri incominciarono a tirare fuori i loro telefonini e a chiamare alle loro case. Tod cercava disperatamente di rintracciare Lisa, ma lei non rispondeva. Allora chiamò l'asilo, ma anche lì Lisa non c'era, così chiamò la sua segretaria. Gli disse:" Guarda noi siamo stati dirottati da dei terroristi, non sappiamo dove ci stanno portando". La segretaria aveva il brutto compito di raccontare a Tod quello che stava accadendo, così con le lacrime agli occhi le disse: "Mi dispiace Tod, ma stamattina due aerei si sono abbattuti contro le torri gemelle, e non sappiamo quanti morti ci sono, poi abbiamo appreso che un altro aereo si lanciato contro il Pentagono. Mi dispiace Tod, ...mi dispiace ...ma voi state per morire". Io non so come avrei preso la notizia che dovevo morire, sicuramente non bene, nessuno vuole morire e per giunta quando sei giovane. Io credo che una doccia gelida sarebbe stato niente a confronto di quelle parole: "voi state per morire". In tutto questo però c'è un vantaggio, cioè che qualcuno ti ha avvisato che devi morire, e così, per lo meno hai il tempo di metterti a posto con Dio. Si lo so, non è bello, ma ormai ci sei dentro e non puoi far altro che pensare che devi morire. Su quel volo c'erano uomini e donne d'affari, ricchissimi, i cosiddetti business man. Certo è triste di sapere che a lì a poco perderai la vita, ma avrai avuto il vantaggio rispetto a chi perde la vita in un incidente all'improvviso. Non si tratta nemmeno di aver un cancro, un tumore maligno, dove speri che, magari fino all'ultimo qualcosa, qualche medicina ti salvi la vita. Quell'aereo era destinato oramai a cadere, e la morte era certa al 100 per 100. Non c'era nessuna probabilità di sopravvivenza. Anche se riuscivano a recuperare l'aereo, non c'era chi lo pilotasse, nessuno era capace. Se io mi sarei trovato al posto di uno di quei passeggeri, avrei incominciato a pensare: "A che mi servono tutti i soldi che ho in banca? L'auto, la casa, la carriera, i progetti, la villa al mare... tutto cancellato, tutto finito... anni di sacrifici, una vita buttata per crearti un avvenire per te e per la tua famiglia cercando di dargli il meglio, ma adesso, fra qualche ora dovrò morire e dovrò rendere conto al Creatore. Adesso cerco di mettermi a posto con Dio, ho poco tempo. Forse mi potrà bastare?". Questo è quello che mi sarei domandato, come quello che si domandò il ladrone in croce. "Ma l'altro lo rimproverava, dicendo: Non hai nemmeno timor di Dio, tu che ti trovi nel medesimo supplizio?" (Luca 23:40). Tod, con la sua fede, cercò in pochi minuti di far riflettere i passeggeri e di aprire il cuore a Gesù, ma prima voleva salutare sua moglie Lisa e cercò di rintracciarla ancora, ma ancora non riusciva. Allora ritelefonò alla segretaria e le disse: "Pronto sono Tod... noi come passeggeri abbiamo deciso di pregare" mentre dall'altra parte la segretaria piangeva. Tutti si misero a pregare e Tod li condusse in preghiera ai piedi di Gesù. Poi presero i carrelli del cibo e sfondarono la porta della cabina, ebbero una colluttazione con i terroristi e precipitarono, evitando che l'aereo colpisse altre vittime innocenti e fecero saltare il quarto obbiettivo dei terroristi. Le ultime parole di Tod alla segretaria furono queste: "Ascoltami... tra poco dobbiamo morire, mi saluti Lisa per me, le dica che amo tanto a lei e la mia bambina e che ci rivedremo nel cielo, Amen". Il resto è cronaca.

Terry Peretti
Di Francesco La Manna

lunedì 7 settembre 2015

Un pubblico particolare

Circa una quindicina d'anni fa al telegiornale della sera diedero una notizia stravagante. All'interno di uno zoo dell'Australia, c'era un piccolo parco dove risiedevano una decina di leoni, quando si avvicinò un uomo che incominciò ad attirare a se i grossi felini e incominciò ad annunciargli di Gesù e la Sua salvezza. Il fatto fu ripreso da un turista con una telecamera. Ad un certo punto si vede questo "predicatore" fuori di se che incomincia a scavalcare il recinto dei leoni. La gente incominciò a preoccuparsi e subito chiamarono gli addetti dello zoo che nel giro di pochi minuti intervennero per salvare la vita al "predicatori di leoni".

mercoledì 2 settembre 2015

Il mio dito per il Signore

Siamo nel nord della Russia. In una camera ingombra di vecchi mobili, c'è una donna attempata, semicoricata e semiseduta su un divano, incapace di fare il minimo movimento se non di alzare la mano destra lentamente e a scatti.
Davanti a lei, su un tavolino, una macchina da scrivere. Per tutto il giorno, e sovente fino a notte fonda, ella batte i tasti con il suo dito ancora valido. Traduce in russo, in lettone, in lituano delle porzioni della Bibbia e di libri evangelici. Ed ella prega sia per quelli che scrivono che per quelli che leggono quei messaggi. Suo marito credente, credente fedele, è sempre vicino a lei per voltare una pagina, per porgerle un foglio o per accomodarle un cuscino. Ci dice, "Dio ha le sue ragioni per permettere quest'infermità. La polizia segreta sorveglia tutti gli altri credenti della città. Ma, sapendo che mia moglie è malata da tanto tempo, non si preoccupa di lei e nessuno sa quello che fa. Ci lasciano tranquilli. Io raccolto i dattiloscritti e li consegno ai nostri fratelli che li fanno circolare". Quella credente ha ormai terminato il proprio servizio. Ha lavorato fino al minuto che ha preceduto il momento di lasciare questo luogo di sofferenza, scrivendo col suo dito per la gloria di Dio.



Ciro Carmela Di Criscito
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Di Francesco La Manna

venerdì 7 agosto 2015

Conversione di Gabriele e Giuseppe due ex "Travestiti"

Testimonianza di Gabriele

Ho 38 anni e abito a Napoli. Fin da quand'ero piccolo sentivo qualcosa in me che non so spiegare, che mi faceva sentire diverso dagli altri. Infatti, non ero come gli altri ragazzi; i miei desideri erano diversi. Ricordo che mi piaceva giocare con le bambole e invece di giocare con gli altri bambini giocavo con le bambine. Mi piaceva stare e giocare con loro. Non sapevo cosa significasse ma sapevo che ero diverso dagli altri miei coetanei. Mia madre si arrabbiava e mi diceva di non comportarmi in quel modo, mi diceva che ero un maschio e non una femmina, e questo mi feriva. A volte avrei anche voluto cambiare, ma avevo un desiderio molto forte di questa femminilità e non sapevo da dove
veniva. A volte pensavo: "Non voglio farlo, però mi piace, quindi perché no, che c'è di male?". Non so spiegarlo, ma mentre crescevo questa "seconda personalità" cominciò a prendere il sopravvento. Ricordo che già quando frequentavo la scuola elementare guardavo con affetto un mio amico e mi sentivo molto attratto da lui, volevo essere speciale ai suoi occhi. Fu così che questa menzogna iniziò a crescere nella mia mente.Quando ero con i miei amici cercavo di nascondere le mie tendenze perché sentivo che erano sbagliate. Volevo vestirmi diversamente e cercavo sempre degli indumenti colorati. Ero molto attratto da quelli femminili: vestiti, gioielli, e tutto ciò che luccicava. Cominciai ad avere qualche conflitto interiore perché non volevo accettare il fatto che ero un maschio e questo portò molta amarezza nella mia famiglia. Pensando che potesse servirmi, i miei genitori mi mandarono via in un collegio cattolico, ma questo non servì proprio a niente. Lasciai quella scuola a sedici anni, dopo esserci vissuto per tre anni. Dissi a mia madre che ero cambiato ma in realtà ero lo stesso di prima, o peggiore, perché quei desideri avevano continuato a crescere in me. La realtà era che non riuscivo più ad accettare me stesso come un uomo, però dovevo nascondere questo fatto agli altri. Cominciai a lavorare e passarono altri quattro anni, quindi decisi di affrontare la vita da solo. Ero attratto dagli omosessuali che vivevano nella stessa zona della città dove abitavo. C'erano molti giovani che si travestivano da donna e che si prostituivano. Mi piaceva il loro modo di vivere. Ero pieno di ribellione verso i miei genitori e proprio allora incontrai un amico che alimentò il mio impeto dicendomi che loro non potevano impedirmi di essere quello che io ero. Sebbene io sapessi che era una realtà buia, vi ero legato e non potevo uscirne. Decisi di lasciare la mia casa per andare a vivere con un amico che mi insegnò come comportarmi e apparire come una donna. Mi insegnò a ritoccare le sopracciglia, mettere il make-up, e vestirmi come una donna. Era quello che avevo sempre sognato. Lui mi fece capire che ero così perché lo ero anche dentro di me, e io credevo in tutto ciò che mi diceva. Pensavo che questa fosse ormai la mia strada e che non c'era nessun'altra soluzione per la mia vita. Stavo lavorando e cominciavo a vivere sulla strada. Il mio amico mi disse che dovevo guadagnarmi dei soldi, così cominciai a prostituirmi. Era anche un modo per liberarmi da tutta la frustrazione che avevo serbato in me per tanto tempo, un modo per liberare quella "femminilità" che mi dominava, un modo per vivere in modo diverso. Per anni, camminai in un tunnel oscuro: credevo che l'unico modo di trovare me stesso ed essere felice era vivere come donna, e al tempo stesso vedere gli altri intorno a me essere disgustati dai miei strani modi di fare. All'inizio ciò mi feriva perché non capivo che mi stavano rifiutando, ma pian piano capii che ero diventato un reietto della società.
Fui preso dalla polizia. Cominciai a vedere che le cose non andavano come pensavo io. Non riuscivo a convincere nessuno che io non volevo essere com'ero ma che c'era qualcosa in me che mi costringeva. Pensavo che forse sarebbe stato meglio se fossi cambiato completamente. Cominciai a prendere degli ormoni e a perfezionare le mie imitazioni. Dicevo a me stesso: "Sono fatto così, e così resterò comunque". "La natura mi ha fatto così!". Pensavo: "Sono stato creato diverso". Era così che giustificavo il mio modo di vivere. Stavo vivendo con altri che si stavano facendo cambiare i loro corpi e le loro facce chirurgicamente per cancellare i loro aspetti maschili e assomigliare di più alle donne. Ma c'era qualcosa dentro di noi che non andava.
A volte mi giustificavo dicendo: "Sono una donna in un corpo maschile". Vedevo che i miei amici tornavano da Londra dopo aver fatto un'operazione per cambiare sesso, perché l'obbiettivo di ogni travestito è sentirsi come una donna vera. Era l'ultima frontiera che rimaneva davanti a me. Eppure vidi quelle persone cadere in depressione, non si sentivano accettati e non raggiunsero mai il loro sogno.
Mentre mi prostituivo per strada, notai che le persone che venivano con me erano piene di avvilimento e tristezza. Cercavano qualcuno a cui parlare, qualcuno su cui riversare le loro frustrazioni. Capii che non mi stavo sentendo male perché avevo scelto quella vita, ma che tutta l'umanità si trovava nel dolore. Una sera tornai a casa ed ero veramente triste. Non ricordo dove ero stato, forse in un night-club durante una notte di pioggia. Ricordo solo che mi sentii così male che il dolore era indescrivibile. Era un dolore fisico; mi sentivo morire dentro e cominciai a gridare a Dio dicendo: "Dio, perché sono nato? Perché devo soffrire così tanto? Perché non posso vivere come una persona normale, con una moglie e una famiglia, essere felice, amare e vivere una vita tranquilla?". Mentre ero nel mio letto cominciai a benedire Dio e sentii una grande gioia dentro di me. In quel momento fu come se una luce venisse vicino a me e io volevo toccarla, ma essa sparì. Non so cosa accadde quel giorno, ma sono certo che Dio toccò la mia vita. Questo accadde tre o quattro anni prima del giorno in cui fui salvato, ma lasciò un segno nel mio cuore. Parlando a un amico dissi: "Ci dev'essere un modo perché noi possiamo cambiare. Perché dobbiamo continuare a vivere una bugia e sentirci male anche solo a parlarne? Non ci accettiamo noi, e nessun altro ci accetta". Il mio amico rispose: "E allora, che vuoi fare? Questa è la nostra vita e non riusciremo mai a cambiare; siamo nel giro e non ne usciremo mai". Ringrazio Dio che un anno fa incontrai un credente di nome Biagio che veniva dalla mia stessa condizione. Era stato un omosessuale, ma non l'avevo più visto per quattro anni. Avevo sentito dire che era cambiato ma non capii cosa potesse essergli successo. Quando lo rividi, mi accorsi che era realmente cambiato. Era vestito normalmente, e soprattutto potevo vedere un cambiamento nel suo volto e nella sua espressione. Mi parlò di come Gesù Cristo lo aveva cambiato, e disse che Gesù poteva fare lo stesso per me. Quella mattina, andai in ospedale a trovare un amico che aveva l'AIDS e che stava morendo. Potevo vedere la paura della morte nei suoi occhi, non a causa della morte fisica ma perché stava morendo senza Dio. Capii che dovevo fermarmi e dare la mia vita a Gesù affinché mi cambiasse. Una sera andai a un raduno della tenda con Biagio, a quel tempo era a Napoli, e mi spiegò che dovevo solo chiedere a Gesù di perdonarmi con tutto il mio cuore, e Lui mi avrebbe perdonato e avrebbe cambiato la mia vita. Mi fece leggere nella Bibbia che davanti a Dio siamo tutti uguali e che tutti abbiamo bisogno di chiedere il perdono dei nostri peccati. Fui incoraggiato vedendo che davanti a Dio io ero come chiunque altro, e che Lui ci ama tutti nello stesso modo. Ringrazio davvero Dio per come ha cambiato la mia vita e posso testimoniare che l'amore di Dio ha cambiato il mio cuore, i miei desideri, e ha aperto i miei occhi. Quella sera, quando tornai a casa mi guardai allo specchio e vidi il vero Gabriele: finalmente vedevo la mia vera identità. Prima non riuscivo a capire se ero un uomo o una donna. Dio mi fece chiaramente capire che sono un uomo, e che tutti quei pensieri che avevo erano menzogne del diavolo. Ringrazio Gesù perché Lui è morto per i miei peccati e grazie a Lui io posso veramente gridare "Sono libero!". Ora so che con Gesù Cristo ho ottenuto la vittoria e posso andare avanti perché Lui vive in me e mi dà la forza di dire no ai peccati. Questa è la cosa meravigliosa che Gesù ha fatto nella mia vita, e voglio ringraziarLo tutti i giorni della mia vita!

Testimonianza di Giuseppe

Giuseppe fu uno dei primi travestiti d'Italia; si faceva chiamare "Florinda" e si prostituiva per guadagnare dei soldi, che poi dissipò quando cominciò a fare uso di droghe. Egli racconta: Avevo incontrato Gabriele 24 anni fa; viveva la mia stessa esperienza. Non lo vidi per più di 10 anni, sebbene avessi sentito dire che era diventato qualcosa come un missionario. Prima della mia conversione, volevo morire perché realizzavo che non c'era più speranza per me, anche con tutto l'aiuto da parte degli ospedali e della mia famiglia. Ingoiai così tanti tranquillanti, gocce, pillole e droghe, che finii una ventina di volte in ospedale, quasi in fin di vita. L'ultima volta cercai di ingoiare una capsula di veleno per topi e mi si paralizzarono le braccia e le gambe. Mi svegliai cinque giorni dopo in ospedale. [...] Dei Cristiani venivano a visitare i malati in ospedale, vennero anche da me ma la prima volta gli tirai contro la prima cosa che mi capitò a tiro. In seguito mi parlarono altre volte di Gesù, mi dicevano che Lui poteva salvarmi, e mi parlavano delle cose di Dio. Due mesi dopo iniziai un'amicizia con loro. Prima di lasciare l'ospedale, una notte riuscii ad alzarmi dal letto e cercai di andare in bagno da solo, ma dopo due passi caddi con la faccia a terra. In quel momento gridai a Dio dicendo: "Cosa ho fatto per meritare questo? Dammi un po' di pace, anche se devo morire per averla!". Ma Dio mi rispose facendomi conoscere tante persone che Lo amano. [...]
In seguito dovetti ritornare all'ospedale, e lì un'infermiera credente mi disse che conosceva Gabriele e poteva metterci di nuovo in contatto.
Quando rividi Gabriele dopo così tanti anni fui così felice! Gli parlai dei vecchi tempi. Ma invece lui parlava di cose nuove e la parola "Gesù" era sempre sulle sue labbra. Dentro di me mi chiedevo se era possibile sperimentare quello che aveva sperimentato Gabriele. In quello stesso momento, Gabriele, che stava per lasciare la stanza, si voltò e mi disse: "Tu puoi cambiare. Gesù ti ama". Le sue semplici parole toccarono il mio cuore, e nacque in me una speranza, realizzando che lui era cambiato veramente. Nei giorni seguenti Gabriele mi invitò a un raduno sotto la tenda, che era arrivata in Sicilia. Quando andai lì non incontrai uno spirito di giudizio, anche se c'erano molte persone, e in quell'atmosfera sentii tanta libertà. [...] Quando andai in ospedale il Signore mi battezzò nello Spirito Santo. I dottori corsero perché mi sentivano gridare. Non mi ero accorto di quanto forte stessi cantando e benedicendo Dio! Questo accadde dalle dieci di quel mattino fino al mattino successivo. Fu così bello che non mi sentii neppure stanco. Ero davvero cambiato!
Tornai alla tenda con un'attitudine completamente nuova, di imparare le cose che concernono la Parola di Dio, e di servire il Signore. Quando tornai nel mio quartiere, in mezzo ai vecchi amici, essi furono sconvolti perché già conoscevano la testimonianza di Gabriele, ma non si sarebbero mai aspettati di vedere cambiato anche me! Pensavano che fossi morto, perché molti di quelli che conoscevo e che facevano la mia vita erano morti più giovani di me. [...] Gesù è la mia vita. Prima ero morto, ora mi sento di nuovo come un giovane ragazzo. E' come una boccata di aria fresca! Ho una nuova vita e un amore nuovo.
A quelli che si trovano nella mia precedente condizione, voglio dire che quando mi trovai a terra in ospedale, gridai a Dio con tutto me stesso. Non potevo parlare, ma era un grido che veniva da dentro di me. Dio mi rispose. Quando tutto sembra perduto e ti senti finito, e non vedi alcuna speranza, grida a Dio, Lui risponderà!


Gabriele e Giuseppe
Cristo e la Risposta
Francesco La Manna

domenica 26 luglio 2015

Oh Happy Day

Nel 1966 il cantante John Lennon, che cantava insieme con i Beatles, un giorno dichiarò che loro erano più popolari di Gesù. Questa sua dichiarazione fece il giro del mondo e molti si indignarono e in molte nazioni dovettero disdire la tournée. Nel 1967 c'era un gruppo di afro-americani a Brooklyn che pregarono per diverse settimane affinché il Signore intervenisse perché volevano scrivere un cantico e togliere quell'onta, quell'affronto fatto dai Beatles. Dopo aver a lungo pregato, fecero diversi cantici e uno di questi era "Oh Happy Day". Dopo aver inciso diversi cantici, li distribuirono in varie zone della città di New York, e un giorno il brano andò a finire in una radio locale. Il disco, o meglio la canzone Oh Happy Day, raggiunse livelli altissimi e superò in classifica tutte le migliori canzoni del momento,

lunedì 13 luglio 2015

L'incredulo incallito

Ricordo che qualche anno fa, mentre uscivo da una riunione di preghiera, una donna mi disse che desiderava parlarmi. La sua voce tremava, e non ebbi difficoltà a capire che era angosciata da qualche peso. Stava pregando da tempo per il marito, e voleva sapere se sarei potuto andare a trovarlo. Quando le chiesi come si chiamasse suo marito, lei fece il nome di uno dei politici più eminenti delle istituzioni locali, un giudice di fama. "Ne ho sentito parlare", risposi, ma temo non ci sia bisogno che io vada: è notoriamente un incredulo incallito. Non posso ragionare con lui". Mio marito ha già perso tempo con troppo ragionamenti", mi disse quella donna, "vada a parlargli della sua anima" Risposi che lo avri fatto, nonostante non nutrissi, sinceramente, alcuna speranza. Mi fecero entrare in casa loro; mi presentai dicendo subito di essere venuto per parlare della salvezza in Cristo. "Allora lei è venuto con i più folle degli scopi", replicò l'uomo.

lunedì 6 luglio 2015

Il Vangelo della rinconciliazione

Gesù non dice che può riconciliarci con Dio, ma che Egli lo ha già fatto; a te spetta quindi soltanto accettare quello che il Signore ha già compiuto. Un inglese, tempo fa, mi raccontò una piccola storia che può bene illustrare il significato della riconciliazione. La storia è questa. Un uomo aveva un solo figlio e, come molti figli unici, egli era spesso coccolato, assecondato, e anche rovinato. Crescendo, il ragazzo divenne sempre più testardo, mettendo di frequente nei guai sé stesso e il padre. Un giorno, padre e figlio ebbero un aspro litigio; discussero in maniera violenta, e il padre espresse il desiderio che il figlio se ne andasse di casa e che non tornasse mai più. Il ragazzo rispose che lo avrebbe fatto, e promise che non avrebbe più rimesso piede in quella casa fino a che non fosse stato il padre stesso a chiederglielo. Il vecchio assicurò che non avrebbe mai fatto una simile richiesta. Quindi il giovane lasciò la casa. Ma quando un padre chiude le porte a un figlio, non fa altrettanto la madre.

venerdì 3 luglio 2015

La Redenzione delle Anime

Durante la guerra di Corea cinquecento pastori furono catturati ed immediatamente fucilati, e duemila chiese furono distrutte. La persecuzione contro i Cristiani, non ha mai avuto requie e mai l'avrà, solo la venuta di Gesù metterà fine a tutto questo male atroce. I comunisti erano malvagi con i pastori. La famiglia di un pastore fu catturata ad Inchon, in Corea, e i capi comunisti la portarono dinanzi a quello che definivano "il tribunale del Popolo". Gli accusatori dicevano: "Un solo uomo è colpevole di reato e per questo tipo di reato è prevista la pena capitale". Si alzò un coro di voci che approvavano gridando: "Sì, sì!"

martedì 30 giugno 2015

Le Mie Vie Non Sono Le Tu Vie

La guarigione divina dipende tutta dalla sovrana volontà di Dio. Talvolta una persona riceve la guarigione istantaneamente; un'altra persona può dover attendere più a lungo un'altra ancora non riceverà nessuna guarigione. Uno dei migliori diaconi della chiesa si ammalò; questo diacono dette tutto al Signore; amava Dio e lavorava per il Signore in maniera stupefacente. Gli era stato detto che aveva un tumore nel corpo e che il dottore voleva operare. Ma tutti nella chiesa sapevano che Dio lo avrebbe guarito, perché era un gran uomo umile e aveva una grande fede. Questo era il loro modo di ragionare. Io pregai per la sua guarigione. Tutti pregarono, prendendo d'assalto il trono della grazia. Ma non accadde nulla. Continuò a peggiorare e a peggiorare. Alla fine sanguinava talmente che venne trasportato all'ospedale e fu operato. Molti dei membri erano preoccupati e lamentavano: "Dov'è Dio? Perché Dio lo tratta così?" Ma io lodai Dio, perché sapevo che aveva qualche scopo specifico in quel che stava accadendo. Quando fu ricoverato, nella corsia incominciò a predicare il Vangelo a tutte le persone con le quali veniva in contatto. Ben presto l'intero ospedale seppe che c'era un Gesù vivente, e un suo rappresentante era proprio nel loro ospedale. Medici, infermieri e tutti i pazienti, giorno dopo giorno venivano evangelizzati e salvati. Allora i nostri membri si rallegrarono dicendo: "Sia lodato Dio. E' stato assai meglio per lui essere in ospedale che essere guarito divinamente subito". Dio mostrò che il suo maggior intento è la guarigione eterna delle anime anziché la guarigione terrena del fisico.


Autore P.Y.C.

lunedì 29 giugno 2015

Perché devo ringraziare il cibo?

Alcuni anni fa fui invitato a pranzo. Il padrone di casa mi chiese di ringraziare il Signore ed invocare la Sua benedizione sopra i cibi. Dopo che ebbi reso grazie per i doni che erano davanti a noi, egli disse piuttosto ironicamente: "Veramente non mi sembra tanto logico tutto questo, perché il pasto l'ho provveduto io". Come risposta gli chiedemmo: "Vi siete mai soffermato a pensare che se mancassero una sola volta la semina e la raccolta su tutta la terra, metà della popolazione morirebbe prima che arrivasse un'altra raccolta? Avete mai pensato che se la semina e la raccolta dovessero mancare per due anni di seguito su tutto il pianeta, ogni essere vivente morirebbe prima che arrivasse un'altra raccolta?".

martedì 23 giugno 2015

FRA UN PASSO E L'ALTRO

Un professore universitario racconta di esser stato invitato un anno, a parlare a una base militare a dicembre, e di avere incontrato un soldato indimenticabile di nome Ralph che era venuto a prenderlo all'aeroporto. Dopo essersi presentati, si diressero verso il ritiro bagagli. Mentre camminavano per la sala, Ralph continuava a sparire: una volta per aiutare una vecchia signora a cui si era aperta la valigia; un'altra volta per prendere in braccio due bambini piccoli e sollevarli in modo che potessero vedere i nonni fuori dalla linea doganale; e poi di nuovo per dare delle indicazioni a qualcuno che si era perso. Ogni volta tornava con un grande sorriso sul volto. "Dove hai imparato a fare queste cose?", chiese il professore. "A fare che cosa?", disse Ralph.

giovedì 18 giugno 2015

Torna a casa

San Paolo Brasile. La casetta era semplice ma decorosa. Era formata da una stanza spaziosa che si affacciava su una strada polverosa. Con il suo tetto ricoperto di tegole rosse, era una delle tante casette di quel povero sobborgo ai margini di un villaggio. Si stava bene in quella casa. Maria e sua figlia Christina avevano fatto il possibile per aggiungere colore alle pareti grigie e dare calore al pavimento di terra battuta: un vecchio calendario, la foto sbiadita di un parente, una croce di legno. La mobilia era modesta: due pagliericci posti ai piedi della stanza, un lavandino, una stufa a legna. Il marito di Maria era morto quando Christina era piccola. La giovane madre aveva ostinatamente rifiutato ogni opportunità di risposarsi, si era trovata un lavoro e aveva cominciato ad allevare la figlia. Ora, quindici anni dopo, il peggio era ormai passato. Con il suo stipendio da domestica Maria non poteva certo concedersi molti lussi, ma aveva un lavoro sicuro che le permetteva di comprarsi cibo e vestiti. Ora Christina era abbastanza grande e poteva trovarsi un lavoro e darle una mano. Alcuni dicevano che la ragazza aveva lo stesso carattere indipendente della madre e la ripugnava l'idea tradizionale di sposarsi presto e tirare su una famiglia. Non che le mancasse la possibilità di scegliersi un marito: la sua pelle olivastra e i bei occhi castani attiravano alla porta di casa un flusso continuo di possibili candidati. Aveva un modo contagioso di mandare la testa all'indietro e riempire la stanza di risate. Certe donne sono così affascinanti che ogni uomo si sente un re accanto a loro, e Christina era una di quelle. Tuttavia gli uomini erano attratti soprattutto dalla sua vivace curiosità. Christina diceva spesso che voleva andare a vivere in città. Sognava di barattare il suo sobborgo polveroso con il fascino dei viali eleganti e della vita di città. Sua madre era terrorizzata al solo pensiero di veder partire sua figlia e le ricordava sempre prontamente quanto fosse dura la vita nelle strade cittadine: "La gente non ti conosce. Il lavoro scarseggia e la vita è crudele. Inoltre, se tu andassi a stare in città, cosa faresti per vivere?". Maria sapeva perfettamente cosa avrebbe fatto Christina, o meglio cosa avrebbe dovuto fare per vivere. Ecco perché le si spezzò il cuore quando una mattina, svegliandosi, vide che il letto di sua figlia era vuoto. Capì immediatamente dove era andata sua figlia e sapeva cosa avrebbe dovuto fare per ritrovarla. Gettò velocemente alcuni vestiti nella borsa, raccolse tutto il denaro che possedeva e uscì di casa. Mentre andava verso la fermata dell'autobus, si fermò a un emporio per fare l'ultima cosa. Delle fotografie. Si sedette nella cabina, chiuse la tenda e spese tutto quello che poteva per farsi delle foto. Così, con la borsetta piena di piccole foto in bianco e nero, salì sul primo autobus per Rio de Janeiro. Sapeva che Christina non aveva altri modi per guadagnare denaro. Sapeva anche che sua figlia era troppo testarda per darsi per vinta, e quando l'orgoglio si unisce alla fame, un essere umano può fare cose che prima gli sarebbe sembrato impossibile fare. Sapendo tutto questo, Maria iniziò la sua ricerca nei bar, negli alberghi, nei night-club e in qualunque altro luogo frequentato da donne di strada e prostitute. Andò dappertutto, e in ognuno di questi posti lasciò la sua foto: sullo specchio del bagno, nella bacheca degli alberghi, nelle cabine telefoniche. Sul retro di ogni foto scrisse un messaggio. Ben presto sia il denaro che le foto finirono, e Maria dovette tornare a casa. Si mise a piangere, sfinita, non appena l'autobus cominciò il lungo viaggio che l'avrebbe riportata al suo piccolo villaggio. Molto tempo dopo, Christina scendeva le scale di un albergo. Il suo giovane volto era stanco. Gli occhi castani avevano perso le splendore della giovinezza ed esprimevano dolore e paura, e nessuna risata le illuminava il volto. Il suo sogno era diventato un incubo. Mille volte aveva desiderato barattare quegli innumerevoli letti con il suo pagliericcio sicuro, ma il villaggio era troppo lontano. E la vergogna di far ritorno a casa ed essere umiliata non le andava. Quando Christina arrivò in fondo alla scalinata, i suoi occhi notarono un volto familiare. Guardò di nuovo e lì, sullo specchio dell'ingresso, c'era una piccola foto di sua madre. Le bruciavano gli occhi e aveva la gola serrata quando attraversò la stanza e tolse la foto dallo specchio. Sul retro c'era questo invito irresistibile: "Qualunque cosa tu abbia fatto, qualunque sia la tua condizione, non importa. Per favore, torna a casa". E quel giorno stesso Christina ritornò dalle braccia amorevoli di una madre che non si era arresa, a lasciare sua figlia, in un mondo che porta solo alla distruzione di tutto. Forse anche tu sei andato via a trovare la felicità che non esiste, non insistere a rimanere prigioniero di un mondo crudele. Il mondo non conosce la pace, la gioia e la felicità, è un illusione, è un illudersi. Torna a Cristo, va da Lui e non ti mancherà niente e troverai gioia a sazietà. Il Signore ti benedica.


Max Lucado
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Francesco La Manna

martedì 16 giugno 2015

Vasi di Terra

Cina anni '30. Conoscevo un fratello che era molto affezionato a sua moglie. Ricordo che era stabilito che dovesse andare in giro a predicare il Vangelo rimanendo assente da casa per alcuni mesi e, proprio quando arrivò il momento di partire, sua moglie, che aveva partorito sei giorni prima, cominciò ad avere problemi di salute. Un amico mi chiese di portargli una lettera e, proprio quando arrivai nella sua strada e mi stavo avvicinando alla sua casa, egli uscì con un uomo che portava il suo bagaglio. Io vidi lui, ma lui non vide me; lo vidi uscire e fare alcuni passi, poi vidi che si fermava e guardava verso casa, e poi dopo qualche esitazione, cominciò a ritornare lentamente verso casa. Non aspettai oltre, ma, poiché avvertii che c'era qualche conflitto nel suo spirito, andai al traghetto per un'altra strada, non volendo interferire nelle sue decisioni facendo la strada con lui. Quando arrivò al traghetto, gli dissi: "Fratello, possa il Signore benedirti". Sembrava contento e rispose: "Sì, possa il Signore benedirci davvero". Quando, dopo alcuni mesi, tornò dal suo giro, gli chiesi se ricordava quanto era avvenuto alla partenza e gli spiegai che lo avevo visto, anche se lui non se ne era accorto. Rispose; "Certo che mi ricordo. Erano passati solo sei giorni dalla nascita della bambina, mia moglie non aveva nessuno che la potesse aiutare e c'erano altri due bambini piccoli da accudire. Inoltre, non le avevo potuto lasciare molto denaro; mentre ero là sulla strada, sentii che non potevo lasciarla in quelle condizioni, sarebbe stato crudele farlo. Ma, mentre stavo per ritornare sui miei passi, mi tornò alla mente il versetto che dice: "Nessun uomo che abbia messo mano all'aratro e guardi indietro, è adatto per il regno di Dio". Per questo girai di nuovo e andai al traghetto". Mi piace raccontare questa storia, perché illustra con chiarezza quale sia il vaso di terra è quale sia il tesoro che vi è dentro. "... il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo che è in voi" (1 Corinzi 6:19). Questa è la vita cristiana. Alcuni sembrano non avere il vaso di terra, sembrano spiriti senza corpo, non esseri umani o almeno questo cercano di essere! Ma tenersi stretti all'aratro piangendo le proprie lacrime: questo è cristianesimo; cristianesimo significa superamento del vaso di terra mediante il tesoro che è in esso contenuto.


Trascritta da La Manna Francesco
Watchman Nee

lunedì 15 giugno 2015

Amore senza parole

Il terribile terremoto che si abbatté proprio sul centro di una grande città di quel paese di stretta osservanza islamica nel quale lavoravano, non durò che undici secondi. Secondi nei quali le vite e i beni di molte migliaia di persone andarono distrutti. La distruzione era devastante a vedersi. Neppure una bomba tradizionale sarebbe stata in grado di produrre un simile disastro e di portarsi via tante vite! Camminando in mezzo alle rovine di quello che soltanto pochi giorni prima era stato un quartiere bello ed accogliente, tutto quello che potevamo fare, era chiederci in quali possibili modi avremmo potuto dare una mano. Grazie a Dio, nel giro di poco tempo la nostra organizzazione ricevette una grossa somma di denaro, dato che persone di tutta Europa stavano facendo dei doni attingendo dai loro averi, per quanti avevano perso tutto, tranne la vita. Durante le prime settimane, insieme con molte altre organizzazioni umanitarie, aiutammo a

venerdì 12 giugno 2015

Un tizzone scampato dal fuoco

Dio mi ha dato un grande zelo per vincere le anime. Ogni giorno desidero portare qualcuno a Cristo. Sarei stato capace di aspettare anche un'ora per incontrare qualcuno e parlargli della salvezza dell'anima. Una volta aspettai un'ora e mezza, chiedendo a Dio di indicarmi la Sua volontà. La strada era piena di gente ma continuai a chiedere al Signore: "Voglio la persona giusta". Dopo un po', divenni impaziente nello spirito e dissi: "Signore, non ho tempo da perdere". Ma Dio non lo considerava un tempo sprecato. Dopo un'ora e mezza, vidi arrivare un uomo con una carrozza ed un cavallo, ed il Signore mi parlò proprio come aveva parlato a Filippo,

lunedì 8 giugno 2015

Se avete fede quanto un granello di senape, potrete dire a questo monte: "Passa da qui a là", e passerà; e niente vi sarà impossibile.

Una piccola congregazione che si trovava sulle colline delle Great Smokies costruì una nuova chiesa su un terreno lasciato in eredità da un membro della chiesa. Dieci giorni prima dell'apertura della nuova chiesa, il geometra comunale informò il pastore che il parcheggio era inadeguato per le dimensioni dell'edificio. Finché la chiesa non fosse stata dotata di un parcheggio più grande, non sarebbe stato possibile usare il nuovo locale di culto. Purtroppo per costruire quel parcheggio, risultato poi troppo piccolo, era stato usato ogni centimetro di terreno, tranne la montagna a ridosso della quale era stata costruita la chiesa. Per costruire un parcheggio più grande si sarebbe dovuto "spostare" la montagna dal cortile posteriore. Il pastore, la domenica mattina seguente, annunciò imperterrito che quella sera si sarebbero riuniti tutti i membri della chiesa che avevano "una fede capace di spostare le montagne". Avrebbero tenuto un incontro di preghiera chiedendo a Dio di spostare la montagna dal cortile e di provvedere in qualche modo al denaro necessario per lastricarlo e sistemarlo prima della cerimonia di consacrazione della chiesa in programma per la settimana successiva. All'ora stabilita circa venticinque membri della congregazione (sui trecento da cui era formata) si riunirono per pregare, e andare avanti per quasi tre ore. Alle dieci il pastore disse l'Amen finale, e poi rassicurò i presenti con queste parole: "Inaugureremo la chiesa domenica prossima, come previsto. Dio non ci ha mai delusi prima, e credo che anche questa volta sarà fedele". La mattina successiva, mentre il pastore lavorava nel suo studio, qualcuno bussò energicamente alla porta. Quando disse, "Entri", comparve sulla soglia il caposquadra di un cantiere edile, dall'aria in po' rude, che entrò togliendosi il caschetto. "Mi scusi, pastore, vengo dall'Impresa Edile Acme, nella contea qui accanto. Stiamo costruendo un enorme centro commerciale e abbiamo bisogno di materiale di riempimento. Potrebbe venderci un pezzo di quella montagna dietro la chiesa? Le pagheremo i detriti che porteremo via e lastricheremo gratuitamente tutta l'aria scoperta, e, se potremo metterci subito al lavoro. Non potremo procedere con i nostri lavori del centro commerciale, finché non avremo riempito con i detriti e tutto questo materiale non si sarà assestato bene". La piccola chiesa fu consacrata la domenica seguente secondo i programmi originari, e c'erano molte più persone con "una fede capace di spostare le montagne" di quante ce ne fossero state la settimana precedente! Tu ti saresti presentato a quell'incontro di preghiera? Alcuni dicono che la fede nasce dai miracoli, ma altri sanno che i miracoli nascono dalla fede!

Pastore Dorner
Francesco La Manna