Dio, per me, non era una realtà e neppure un'ipotesi, , ama semplicemente una superstizione e una prova di ignoranza per quelli che affermano di crederci. Ritenevo che credere in Dio fosse una capitolazione dell'uomo dinanzi alla sua missione di padrone del mondo, ed ero convinto che la scienza, col suo progredire continuo, avrebbe presto dimostrato quello che io asserivo. Un giorno passai davanti a un edificio su cui c'era una grossa scritta: "Dio ti cerca". Bene, pensai sorridendo, mi cerchi pure! Dicendo a tutti che la fede cristiana sarebbe presto scomparsa non appena fossero vinti l'analfabetismo e l'ignoranza. "La religione è l'oppio dei popoli" si diceva, e io ne ero convinto. Avevo fiducia nell'uomo, nelle sue possibilità, nella sua bontà, e non volevo accettare l'idea della sua innata malvagità; anzi, nutrivo la speranza che potesse costruirsi una meravigliosa vita morale solo su se stesso, escludendo Dio. Eppure io stesso, che mi ritenevo intelligente, ma ero stupidamente orgoglioso, non riuscivo a realizzare una tale
vita; non riuscivo a vincere il peccato che era in me. Per un atto inconsulto mi trovai a dover scontrare tre anni di prigione. Avevo perso ogni fiducia in me stesso e mi rivoltai contro la società che consideravo responsabile di ciò che mi era capitato, ed anche di tutti gli atti di criminalità. Infatti, ritenevo che tutti i delinquenti fossero tali non per colpa loro ma per colpa degli altri. Io avevo solo giocato una carta sbagliata e avevo perso; la prossima volta avrei potuto avere più successo! In prigione le ore non passavano mai; in pochi mesi avevo letto gran parte dei libri della biblioteca. Quando mi capitò fra le mani una Bibbia, pur sapendo che non era un libro adatto per un ateo, incominciai a leggerla Avevo saputo che molti, dopo una vita di peccato e di incredulità, dicevano d'aver trovato, in quella lettura, una vera pace e una nuova vita; ma simili dichiarazioni erano per me solo una falsa propaganda studiata per egoistici interessi religiosi. Nondimeno, volli sfidare Dio a parlarmi con questo mezzo. Era proprio questo il momento che Dio stava aspettando. Il primo capitolo della Genesi mi irritò profondamente. Come si potevano scrivere assurdità come quelle? Dio che crea tutte le cose dal nulla era inaccettabile, era una favola per bambini. Passai al Nuovo Testamento, e nell'Evangelo di Marco lessi "Gesù disse: Ogni cosa è possibile a chi crede, E subito il padre del fanciullo esclamò: Io credo; sovvieni alla mia incredulità ... " (Marco 9:23-24). Se Dio esiste davvero, pensai, deve darmi ciò che mi manca, e feci una specie di preghiera: Signore, se esisti, aiutami nella mia incredulità. E il Signore rispose. Continuando a leggere, la mia mente si apriva ogni giorno di più. Mi resi conto di essere nient'altro che un peccatore e che a nulla erano valse le mie teorie di prima e le mie vecchie idee. Un'opera di trasformazione doveva avvenire in me, qualcosa doveva togliermi i miei peccati, qualcuno doveva darmi la pace e togliermi la paura del "dopo la morte". Fu come un raggio di luce nelle tenebre: Gesù, di cui tutta la Bibbia parla, si delineò ai miei occhi con una chiarezza sorprendente. Era Lui il dono di Dio per i peccatori; era la Sua morte in croce e la Sua risurrezione che mi davano pace e certezza. "Chi crede nel Figliuolo ha vita eterna...; e non viene in giudizio, ma è passato dalla morte alla vita". Queste parole dell'Evangelo di Giovanni erano ormai una realtà per me e le credetti con tutto il cuore. La prigione non è solo un luogo piacevole, ma nella mia cella non mi sentivo più solo. Gesù era in me e vicino a me, e mi dava una serenità e una gioia che non avevo mai conosciuto. Un solo rimpianto mi rimase: quello di aver tanto tardato a entrare nel glorioso sentiero della fede, e di essere rimasto per tanto tempo indifferente e sordo agli appelli dell'amore di Dio.
vita; non riuscivo a vincere il peccato che era in me. Per un atto inconsulto mi trovai a dover scontrare tre anni di prigione. Avevo perso ogni fiducia in me stesso e mi rivoltai contro la società che consideravo responsabile di ciò che mi era capitato, ed anche di tutti gli atti di criminalità. Infatti, ritenevo che tutti i delinquenti fossero tali non per colpa loro ma per colpa degli altri. Io avevo solo giocato una carta sbagliata e avevo perso; la prossima volta avrei potuto avere più successo! In prigione le ore non passavano mai; in pochi mesi avevo letto gran parte dei libri della biblioteca. Quando mi capitò fra le mani una Bibbia, pur sapendo che non era un libro adatto per un ateo, incominciai a leggerla Avevo saputo che molti, dopo una vita di peccato e di incredulità, dicevano d'aver trovato, in quella lettura, una vera pace e una nuova vita; ma simili dichiarazioni erano per me solo una falsa propaganda studiata per egoistici interessi religiosi. Nondimeno, volli sfidare Dio a parlarmi con questo mezzo. Era proprio questo il momento che Dio stava aspettando. Il primo capitolo della Genesi mi irritò profondamente. Come si potevano scrivere assurdità come quelle? Dio che crea tutte le cose dal nulla era inaccettabile, era una favola per bambini. Passai al Nuovo Testamento, e nell'Evangelo di Marco lessi "Gesù disse: Ogni cosa è possibile a chi crede, E subito il padre del fanciullo esclamò: Io credo; sovvieni alla mia incredulità ... " (Marco 9:23-24). Se Dio esiste davvero, pensai, deve darmi ciò che mi manca, e feci una specie di preghiera: Signore, se esisti, aiutami nella mia incredulità. E il Signore rispose. Continuando a leggere, la mia mente si apriva ogni giorno di più. Mi resi conto di essere nient'altro che un peccatore e che a nulla erano valse le mie teorie di prima e le mie vecchie idee. Un'opera di trasformazione doveva avvenire in me, qualcosa doveva togliermi i miei peccati, qualcuno doveva darmi la pace e togliermi la paura del "dopo la morte". Fu come un raggio di luce nelle tenebre: Gesù, di cui tutta la Bibbia parla, si delineò ai miei occhi con una chiarezza sorprendente. Era Lui il dono di Dio per i peccatori; era la Sua morte in croce e la Sua risurrezione che mi davano pace e certezza. "Chi crede nel Figliuolo ha vita eterna...; e non viene in giudizio, ma è passato dalla morte alla vita". Queste parole dell'Evangelo di Giovanni erano ormai una realtà per me e le credetti con tutto il cuore. La prigione non è solo un luogo piacevole, ma nella mia cella non mi sentivo più solo. Gesù era in me e vicino a me, e mi dava una serenità e una gioia che non avevo mai conosciuto. Un solo rimpianto mi rimase: quello di aver tanto tardato a entrare nel glorioso sentiero della fede, e di essere rimasto per tanto tempo indifferente e sordo agli appelli dell'amore di Dio.
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Di Francesco La Manna
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