Rabindranath Rabi Maharaj discende da una lunga stirpe di sacerdoti e di guru bramini e fu educato allo scopo di divenire uno yoghi. Si esercitava per lunghe ore al giorno in riti e preghiere e nell'adorazione dei suoi numerosi dei. Durante le sue meditazioni cadeva in trance, entrava in contatto con degli spiriti, vedeva delle luci, udiva musiche misteriose e veniva trasportato in altri "mondi". Rabi approfondì le sue conoscenze nel campo dell'astrologia e ottenne il titolo di Pundit induista. La popolazione lo adorava come un dio e deponeva delle offerte ai suoi piedi. Quando, col passare del tempo, il giovane guru cominciò a sentirsi deluso, iniziò a rimettere in discussione le sue conoscenze ed esperienze mistiche. [...] "Luce di sole, luce di sole nell'animo quest'oggi. Luce di sole, luce di sole lungo tutto il cammino.
Da quando il Salvatore mi ha trovato, ha tolto il mio peccato e la luce brillante del suo amore è scesa dentro me". Quale profondo effetto ebbero su di me quelle semplici parole! Quando avevo adorato il sole, che splendeva alto nel cielo, per un'ora ogni giorno, ero sempre rimasto con un buio ed un freddo interiore. Ma quella gente stava cantando di una luce brillante che si trovava nel loro animo. E si trattava della luce dell'amore di Dio. Mi riusciva difficile contenere la meraviglia e l'eccitazione che avevano preso possesso di me. La luce solare del Suo amore nell'animo. Ebbene, io non avevo alcun amore per il quale potessi cantare. Odiavo parecchie persone malgrado praticassi con rigore gli esercizi della mia religione. Esisteva una grande gelosia fra i diversi Pundit che, talvolta, si odiavano ferocemente l'un l'altro. E certamente gli indù odiavano i musulmani e ne avevano trucidati centinaia di migliaia in India, prima ed anche dopo l'Indipendenza. Ma quei cristiani stavano cantando dell'amore di Gesù che dimorava in loro; un amore così puro, brillante e reale, e non erano solo parole, che potevano paragonarlo alla luce del sole nel loro animo. Ebbene, anch'io volevo avere, nel mio animo, quell'amore! Poi, il predicatore espose il sermone, tratto da un Salmo della Bibbia. Fu molto semplice e, al tempo stesso, profondo; fu espresso con parole piene di completa convinzione e di potenza spirituale, che io non avevo mai sentito prima. Ogni parola pronunciata sembrava doversi applicare specificamente a me stesso. Mi domandavo quindi come quella persona potesse conoscere le mie lotte interiori, tutte le domande che mi ero poste, gli stessi pensieri che mi erano saliti in mente, i profondi conflitti che avevo sperimentato.
Di certo egli non sapeva che io sarei intervenuto a quella riunione!
"L'Eterno è il mio pastore; nulla mi mancherà." A quelle parole qualcosa balzò dentro di me. Ricevetti la profonda certezza interiore che il vero Dio, il vero Pastore, mi stava chiamando per fare di me una sua pecora.
Nello stesso tempo, però, un'altra voce si levava contrastando tutto quello che diceva il predicatore. Mi ammoniva che avrei perso tutto e mi ricordava invece tutto il prestigio e l'onore che avrei ricevuto diventando un grande Pundit come Jankhi Prasad Sharma Maharaj. Anche a mia madre si sarebbe spezzato il cuore! Come potevo disonorare il buon nome di mio padre? Le due voci si contrastavano l'una l'altra, ma quella che mi attirava verso il Buon Pastore si indirizzava a me con amore, mentre l'altra aveva un tono astuto, pieno di minacce. Certamente quel Pastore che veniva descritto dal salmista era il Dio che io stavo cercando! Che cosa importava se anche avessi dovuto perdere ogni cosa? Se avessi permesso al Creatore di diventare il mio Pastore, cos'altro potevo desiderare? Se egli era potente al punto di aver creato l'universo intero, poteva certamente aver cura anche di me!
"Egli mi conduce per sentieri di giustizia per amore del suo nome." Quando mi sentivo colpevole e com'erano stati futili tutti gli sforzi che avevo fatto per rendermi puro! Dopo essermi sottoposto a migliaia di sante abluzioni ero, interiormente, ancora peccatore. Questo Dio prometteva di condurmi nella giustizia, ma non in modo che io potessi vantarmi della mia propria bontà, oppure che da solo potessi migliorare il mio "karman" per ottenere una reincarnazione migliore; egli voleva perdonarmi perché io potessi appartenere a lui, anche se non lo meritavo, ed egli mi avrebbe aiutato a vivere la vita che aveva predisposta per me. Sarebbe stata la sua giustizia, datami in dono, ammesso che avessi voluto accettarla. Lentamente la meravigliosa grazia di Dio, così diversa da tutto ciò che avevo sempre udito, divenne credibile. "Quand'anche camminassi nella valle dell'ombra della morte, io non temerei male alcuno perché tu sei con me." Malgrado queste parole venissero espresse in un inglese un po' superato, esse erano ben chiare. Sarei stato liberato dalle paure che mi avevano tormentato durante tutta la mia vita: paura degli spiriti che ossessionavano i miei famigliari; paura della forze malvagie che esercitavano la loro influenza nella mia vita; paura di quello che Shiva e gli altri dei miei avrebbero fatto se io non li avessi continuamente appagati. Se questo Dio fosse diventato il mio Pastore non avrei più dovuto temere perché egli sarebbe stato con me, mi avrebbe protetto, mi avrebbe dato la sua pace. "Certo beni e benignità mi accompagneranno tutti i giorni della mia vita, ed io abiterò nella casa dell'Eterno per lunghi giorni."
Il predicatore spiegò che questo voleva dire andare in cielo, alla presenza di Dio. Ebbene, doveva essere qualcosa di gran lunga migliore dell'autorealizzazione! "Il Signore Gesù Cristo desidera essere il vostro Pastore. Avete udito la sua voce che parla al vostro cuore? Dopo la sua resurrezione, Gesù disse: Ecco, io sto alla porta e picchio (questa è la porta del vostro cuore). Se uno ode la mia voce ed apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me. Perché non gli aprite ora il vostro cuore? Non aspettate fino a domani, potrebbe essere troppo tardi". Sembrava che il predicatore si rivolgesse direttamente a me. Non volli più rimandare la risposta! Ponendo fine alla lotta che infieriva dentro di me per tanto tempo, mi alzai dalla panca, rapidamente mi feci avanti e mi inginocchiai. Il predicatore chiese agli altri cristiani presenti di farsi avanti e di pregare con me. Diverse persone si mossero e si misero, inginocchiati, vicino a me. Per tanti anni molti indù si erano messi in ginocchio davanti a me, ma ora ero io che mi inginocchiavo davanti a Cristo! "Tu non ti presenti davanti alla mia persona," disse il predicatore, "ma davanti a Cristo. È lui l'unico che ti può perdonare, purificare, trasformare la tua vita, e che può condurti ad avere una relazione viva con il Dio vivente." Mi fu facile comprendere molto bene quello che voleva dire, senza bisogno di altre spiegazioni. Continuai a restare in ginocchio per permettergli di mostrarmi come potevo ricevere questo Gesù di cui aveva parlato. A voce alta ripetei, seguendo le sue parole, una preghiera con la quale invitavo Gesù ad entrare nel mio cuore, senza però pronunciare le parole "e fare di me un cristiano". Volevo infatti ricevere Gesù, ma non diventare un cristiano. Non comprendevo ancora che l'invito che Gesù entrasse nel mio cuore facesse automaticamente di me un cristiano e che nessuno poteva, in alcun altro modo, diventare un vero cristiano. Dopo aver detto "Amen", il predicatore mi chiese se volessi pregare con parole tutte mie. Lentamente, soffocato dall'emozione, cominciai: "Signore Gesù, io non ho studiato la Bibbia e non ne conosco il contenuto, ma ho appreso che tu sei morto per i miei peccati, sul Calvario, perché io potessi essere perdonato e riconciliato con Dio. Ti ringrazio per essere morto per i miei peccati e perché sei entrato nel mio cuore e perché mi hai perdonato! Ora desidero essere una persona nuova e trasformata." Piansi lacrime di pentimento per la mia vita vissuta fino a quel momento; per l'ira, per l'odio, per l'egoismo e per l'orgoglio; per gli idoli ai quali avevo servito e per aver sempre accettato l'adorazione che apparteneva soltanto a Dio e per aver immaginato che egli fosse simile ad una mucca o ad una stella o ad un uomo. Pregai per parecchi minuti, e prima di aver terminato sapevo che Gesù non era uno dei tanti milioni di dei. Infatti egli era l'Iddio del quale ero affamato. Avevo incontrato Gesù per fede, scoprendo che egli stesso era il Creatore. Eppure egli mi aveva amato al punto di diventare un uomo e di morire per i miei peccati. Realizzando tutto questo, le fitte tenebre che mi avevano avviluppato sino a quel momento, si dissolsero ed una luce brillante inondò il mio animo. La luce del suo amore brillava ormai anche nel mio cuore!
Rabindranath Rabi Maharaj
https://www.facebook.com/storiedifedevissute.blogspot.it
Di Francesco La Manna
Rabindranath Rabi Maharaj discende da una lunga stirpe di sacerdoti e di guru bramini e fu educato allo scopo di divenire uno yoghi. Si esercitava per lunghe ore al giorno in riti e preghiere e nell'adorazione dei suoi numerosi dei. Durante le sue meditazioni cadeva in trance, entrava in contatto con degli spiriti, vedeva delle luci, udiva musiche misteriose e veniva trasportato in altri "mondi". Rabi approfondì le sue conoscenze nel campo dell'astrologia e ottenne il titolo di Pundit induista. La popolazione lo adorava come un dio e deponeva delle offerte ai suoi piedi. Quando, col passare del tempo, il giovane guru cominciò a sentirsi deluso, iniziò a rimettere in discussione le sue conoscenze ed esperienze mistiche. [...] "Luce di sole, luce di sole nell'animo quest'oggi. Luce di sole, luce di sole lungo tutto il cammino.
Da quando il Salvatore mi ha trovato, ha tolto il mio peccato e la luce brillante del suo amore è scesa dentro me". Quale profondo effetto ebbero su di me quelle semplici parole! Quando avevo adorato il sole, che splendeva alto nel cielo, per un'ora ogni giorno, ero sempre rimasto con un buio ed un freddo interiore. Ma quella gente stava cantando di una luce brillante che si trovava nel loro animo. E si trattava della luce dell'amore di Dio. Mi riusciva difficile contenere la meraviglia e l'eccitazione che avevano preso possesso di me. La luce solare del Suo amore nell'animo. Ebbene, io non avevo alcun amore per il quale potessi cantare. Odiavo parecchie persone malgrado praticassi con rigore gli esercizi della mia religione. Esisteva una grande gelosia fra i diversi Pundit che, talvolta, si odiavano ferocemente l'un l'altro. E certamente gli indù odiavano i musulmani e ne avevano trucidati centinaia di migliaia in India, prima ed anche dopo l'Indipendenza. Ma quei cristiani stavano cantando dell'amore di Gesù che dimorava in loro; un amore così puro, brillante e reale, e non erano solo parole, che potevano paragonarlo alla luce del sole nel loro animo. Ebbene, anch'io volevo avere, nel mio animo, quell'amore! Poi, il predicatore espose il sermone, tratto da un Salmo della Bibbia. Fu molto semplice e, al tempo stesso, profondo; fu espresso con parole piene di completa convinzione e di potenza spirituale, che io non avevo mai sentito prima. Ogni parola pronunciata sembrava doversi applicare specificamente a me stesso. Mi domandavo quindi come quella persona potesse conoscere le mie lotte interiori, tutte le domande che mi ero poste, gli stessi pensieri che mi erano saliti in mente, i profondi conflitti che avevo sperimentato.
Di certo egli non sapeva che io sarei intervenuto a quella riunione!
"L'Eterno è il mio pastore; nulla mi mancherà." A quelle parole qualcosa balzò dentro di me. Ricevetti la profonda certezza interiore che il vero Dio, il vero Pastore, mi stava chiamando per fare di me una sua pecora.
Nello stesso tempo, però, un'altra voce si levava contrastando tutto quello che diceva il predicatore. Mi ammoniva che avrei perso tutto e mi ricordava invece tutto il prestigio e l'onore che avrei ricevuto diventando un grande Pundit come Jankhi Prasad Sharma Maharaj. Anche a mia madre si sarebbe spezzato il cuore! Come potevo disonorare il buon nome di mio padre? Le due voci si contrastavano l'una l'altra, ma quella che mi attirava verso il Buon Pastore si indirizzava a me con amore, mentre l'altra aveva un tono astuto, pieno di minacce. Certamente quel Pastore che veniva descritto dal salmista era il Dio che io stavo cercando! Che cosa importava se anche avessi dovuto perdere ogni cosa? Se avessi permesso al Creatore di diventare il mio Pastore, cos'altro potevo desiderare? Se egli era potente al punto di aver creato l'universo intero, poteva certamente aver cura anche di me!
"Egli mi conduce per sentieri di giustizia per amore del suo nome." Quando mi sentivo colpevole e com'erano stati futili tutti gli sforzi che avevo fatto per rendermi puro! Dopo essermi sottoposto a migliaia di sante abluzioni ero, interiormente, ancora peccatore. Questo Dio prometteva di condurmi nella giustizia, ma non in modo che io potessi vantarmi della mia propria bontà, oppure che da solo potessi migliorare il mio "karman" per ottenere una reincarnazione migliore; egli voleva perdonarmi perché io potessi appartenere a lui, anche se non lo meritavo, ed egli mi avrebbe aiutato a vivere la vita che aveva predisposta per me. Sarebbe stata la sua giustizia, datami in dono, ammesso che avessi voluto accettarla. Lentamente la meravigliosa grazia di Dio, così diversa da tutto ciò che avevo sempre udito, divenne credibile. "Quand'anche camminassi nella valle dell'ombra della morte, io non temerei male alcuno perché tu sei con me." Malgrado queste parole venissero espresse in un inglese un po' superato, esse erano ben chiare. Sarei stato liberato dalle paure che mi avevano tormentato durante tutta la mia vita: paura degli spiriti che ossessionavano i miei famigliari; paura della forze malvagie che esercitavano la loro influenza nella mia vita; paura di quello che Shiva e gli altri dei miei avrebbero fatto se io non li avessi continuamente appagati. Se questo Dio fosse diventato il mio Pastore non avrei più dovuto temere perché egli sarebbe stato con me, mi avrebbe protetto, mi avrebbe dato la sua pace. "Certo beni e benignità mi accompagneranno tutti i giorni della mia vita, ed io abiterò nella casa dell'Eterno per lunghi giorni."
Il predicatore spiegò che questo voleva dire andare in cielo, alla presenza di Dio. Ebbene, doveva essere qualcosa di gran lunga migliore dell'autorealizzazione! "Il Signore Gesù Cristo desidera essere il vostro Pastore. Avete udito la sua voce che parla al vostro cuore? Dopo la sua resurrezione, Gesù disse: Ecco, io sto alla porta e picchio (questa è la porta del vostro cuore). Se uno ode la mia voce ed apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me. Perché non gli aprite ora il vostro cuore? Non aspettate fino a domani, potrebbe essere troppo tardi". Sembrava che il predicatore si rivolgesse direttamente a me. Non volli più rimandare la risposta! Ponendo fine alla lotta che infieriva dentro di me per tanto tempo, mi alzai dalla panca, rapidamente mi feci avanti e mi inginocchiai. Il predicatore chiese agli altri cristiani presenti di farsi avanti e di pregare con me. Diverse persone si mossero e si misero, inginocchiati, vicino a me. Per tanti anni molti indù si erano messi in ginocchio davanti a me, ma ora ero io che mi inginocchiavo davanti a Cristo! "Tu non ti presenti davanti alla mia persona," disse il predicatore, "ma davanti a Cristo. È lui l'unico che ti può perdonare, purificare, trasformare la tua vita, e che può condurti ad avere una relazione viva con il Dio vivente." Mi fu facile comprendere molto bene quello che voleva dire, senza bisogno di altre spiegazioni. Continuai a restare in ginocchio per permettergli di mostrarmi come potevo ricevere questo Gesù di cui aveva parlato. A voce alta ripetei, seguendo le sue parole, una preghiera con la quale invitavo Gesù ad entrare nel mio cuore, senza però pronunciare le parole "e fare di me un cristiano". Volevo infatti ricevere Gesù, ma non diventare un cristiano. Non comprendevo ancora che l'invito che Gesù entrasse nel mio cuore facesse automaticamente di me un cristiano e che nessuno poteva, in alcun altro modo, diventare un vero cristiano. Dopo aver detto "Amen", il predicatore mi chiese se volessi pregare con parole tutte mie. Lentamente, soffocato dall'emozione, cominciai: "Signore Gesù, io non ho studiato la Bibbia e non ne conosco il contenuto, ma ho appreso che tu sei morto per i miei peccati, sul Calvario, perché io potessi essere perdonato e riconciliato con Dio. Ti ringrazio per essere morto per i miei peccati e perché sei entrato nel mio cuore e perché mi hai perdonato! Ora desidero essere una persona nuova e trasformata." Piansi lacrime di pentimento per la mia vita vissuta fino a quel momento; per l'ira, per l'odio, per l'egoismo e per l'orgoglio; per gli idoli ai quali avevo servito e per aver sempre accettato l'adorazione che apparteneva soltanto a Dio e per aver immaginato che egli fosse simile ad una mucca o ad una stella o ad un uomo. Pregai per parecchi minuti, e prima di aver terminato sapevo che Gesù non era uno dei tanti milioni di dei. Infatti egli era l'Iddio del quale ero affamato. Avevo incontrato Gesù per fede, scoprendo che egli stesso era il Creatore. Eppure egli mi aveva amato al punto di diventare un uomo e di morire per i miei peccati. Realizzando tutto questo, le fitte tenebre che mi avevano avviluppato sino a quel momento, si dissolsero ed una luce brillante inondò il mio animo. La luce del suo amore brillava ormai anche nel mio cuore!
Rabindranath Rabi Maharaj
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Di Francesco La Manna
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